lunedì 22 ottobre 2012

Urban Cairo, un taccuino di viaggio tra gli slogan della rivoluzione


"Editoriaraba" propone un libro singolare di una giornalista italiana, Elisa Pierandrei
Riportiamo quasi integralmente l'articolo che ci pare interessante e originale.

Una narrativa laterale, spesso ignorata.

Accade, a volte, che alcuni  uomini e donne raccontino la Storia attraverso una forma narrativa diversa, ma complementare, rispetto a quella testuale, come fanno gli artisti. 
E gli artisti, anzi con l’esattezza, i graffitari o urban artist, sono i protagonisti rivoluzionari di Urban Cairo. La primavera araba dei graffiti, di Elisa Pierandrei, giornalista italiana esperta di media arabi e arti visive del mondo arabo, e appena pubblicato da Informant editore. 
Urban Cairo è un e-Book, un reportage, un diario di viaggio, un taccuino personale coraggioso, un esperimento testuale e visivo insieme (una magia che solo l’epoca degli e-Book poteva regalarci), che racconta la primavera egiziana attraverso le vite e le opere di quegli artisti che l’hanno raffigurata sui muri del Cairo. Giovani trentenni come Keizer, El Teneen e Ganzeer, che l’autrice ci fa conoscere, tra una chat su skype o un caffè allo Stella Bar del Cairo, l’unico ritrovo rimasto sempre aperto, anche durante gli scontri più violenti.
L’e-Book contiene numerosi link extra-testuali a schede informative e, naturalmente, ai graffiti, raccolti e fotografati dall’autrice durante i numerosi viaggi fatti negli ultimi due anni al Cairo, una città sui cui muri arte e rivoluzione hanno imparato ad andare a braccetto. I graffiti raccontati da Urban Cairo sono disegni e parole insieme, o a volte solo disegni. Diretti e graffianti, la loro è una satira sociale e politica che colpisce primariamente lo SCAF, Mubarak e i simboli del vecchio regime. 
Elisa Pierandrei ci racconta come la corrente artistica dei writer egiziani sia nata nel 2007, molto prima della rivoluzione del 2011, nei quartieri “bene” del Cairo come Heliopolis e Zamalek, e sia poi esplosa nel gennaio dello scorso anno, grazie anche alla spinta propulsiva dei tantissimi bloggers e attivisti che da anni animavano dibattiti sulla Rete per far cadere il regime (come ha raccontato Azzurra Meringolo sul suo I ragazzi di piazza Tahrir, 2011). L’obiettivo comune di questa nuova generazione egiziana digitale era scuotere le menti degli egiziani e provocare una loro reazione. E così è andata.
“Dopo aver trascorso settimane su Twitter e Facebook, un pugno di grafici, artisti e pubblicitari ha scelto la strada per esprimere il dissenso. Sono informati, attivi ed impegnati e i muri del Cairo sono diventati così il loro nuovo social network. Fisico” racconta l’autrice. E questa, è la loro rivoluzione.
I graffiti compaiono numerosi e colorati sui muri che circondano i centri simboli del potere egiziano, e vengono spesso eseguiti attraverso la tecnica dello stencil. “Arma beffarda della guerriglia urbana”, li definisce Stefania Angarano, italiana residente al Cairo, gallerista e creatrice del Cairo Mediterranean Literary Festival, nonché autrice dell’ottima prefazione a Urban Cairo.
Da giornalista, l’autrice di Urban Cairo è stata testimone di quei gloriosi giorni di piazza Tahrir, l' "oceano umano” raccontato dai media di mezzo mondo, che hanno portato alla caduta del Faraone l’11 febbraio. 
Un avvenimento epocale interpretato magistralmente dall’incredibile graffito di El Teneen: una scacchiera, dove l’unica pedina ad essere rovesciata è quella del Re. 
Dopo l’allontanamento di Mubarak (il cui “regno”, è bene non dimenticarlo, è durato circa 30 anni. Praticamente tutti i giovani artisti della rivoluzione hanno vissuta la loro intera vita sotto l’ombrello asfissiante del regime. C’è una scritta particolarmente significativa a questo proposito ed è quella che recita: “Voglio vedere un altro Presidente prima di morire”), “le strade e le piazze diventano luoghi di cui riappropriarsi” e sono testimoni di nuove forme artistiche, nuove performances, eseguite nelle gallerie, come la mostra This is not graffiti, in mezzo alla strada o nei vagoni della metropolitana. È un risveglio sociale, politico ma soprattutto culturale in cui i writers sono convinti di aver svolto un ruolo importante perché hanno reso “consapevoli gli egiziani del loro diritto alla protesta”. 
Perché, dice una giovane blogger egiziana: "perché questo è ciò che i graffiti possono essere: spudorati, brillanti, offensivi, diretti o sottili. Pieni di sfumature e di livelli di lettura, provocano la riflessione, o possono semplicemente essere belli da guardare". 
E' da ricordare l’importantissimo contribuito apportato dalle donne egiziane alla causa rivoluzionaria. Come “Mustamirra”, di El Teneen, e “Flow”, di Keizer.
Ma i graffiti del Cairo sono molti, molti di più. In Urban Cairo sono stati fotografati e raccolti in questa bellissima mappa interattiva, dove più di 30 opere sono state geolocalizzate nelle strade del Cairo. Molti di questi graffiti oggi non ci sono più, spazzati via dalle forze della contro-rivoluzione, all’opera quasi da subito. Ed ecco quindi che la mappa e le storie di Urban Cairo diventano testimoni di una stagione espressiva e culturale che ha restituito al Cairo il suo ruolo di centro del mondo arabo, non solo dal punto di vista politico, ma anche culturale.
Se la Rivoluzione è uno dei grandi temi narrativi che l’umanità ha sempre raccontato, gli artisti della graffiti wave che è esplosa durante la rivoluzione egiziana ne sono stati i suoi più fedeli.

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