venerdì 31 agosto 2012

"RadioLivres" a Casalvieri con Ilaria Guidantoni e Mourad Ben Cheikh

Giovedì, 30 agosto 2012 a Casalvieri, nella Valle di Comino, una nuova tappa del Festival delle storie con una puntata speciale a due voci di "RadioLivres": ospiti Ilaria Guidantoni e "Tunisi, taxi di sola andata" e il Regista tunisino che ha studiato al Dams di Bologna e ha lavorato alla Rai Mourad Ben Cheikh. Una puntata per raccontare delle storie a cominciare dall'incontro casuale in una sera d'estate a Tunisi, quell'ultima estate prima della fine della dittatura di Ben Ali: un regista, una scrittrice che non avrebbe mai pensato di scrivere un romanzo e di ambientarlo in Tunisia se non fosse scoppiata la rivolta. Storie che si intrecciano di amicizie, e di due paesi così vicino e a volte così lontani, Italia e Tunisia, un derby alla pari dai tempi di Cartagine ad oggi.
Purtroppo è la parità ad essere stata dimenticata troppo spesso. Stesso mare, stessa spiaggia, lo stesso territorio che dà vicino alle coste frutti e spezie simili che si scambiano, vini dallo stesso aroma; e ancora due religioni monoteiste che si sono nutrite e alimentate l'un l'altra, scambiandosi una terza, l'ebraismo grazie a tanti ebrei italiani finiti sulle coste di Tunisi e Bizerte. Figli moderni di due dittature, il sogno della liberazione e il rischio di una restaurazione dove il rimedio potrebbe essere peggiore del male. Nel frattempo un movimento di rinascita della cultura. Un neorealismo alla tunisina? Quali osno i rischi e le infiltrazioni possibili? Il Regista parla di un cancro nel mondo arabo il cui nome è Arabia Saudita e la cui madre è molto lontana e apparentemente rinnega questo figlio.
Uno scorcio di Sidi Bou Said che mi ha mandato lo scrittore Nicola Magaletti. E' andato in quei luoghi per incontrare Sophie, solo che non conoscendola ha chiesto in giro se l'avessero vista. In molti gli hanno detto che sì l'hanno vista passeggiare, con un fagottino tra le braccia. Sembrava felice.

mercoledì 29 agosto 2012

Festival delle Storie 2012

29 agosto - Gallinaro

programma della giornata

Sito festival 

Antonella Colonna Vilasi
Antonella Colonna Vilasi - “Il cuore nero dei servizi”

Dalle rivelazioni esclusive di alcuni agenti segreti italiani, un quadro inquietante della nostra intelligence. Ecco la struttura di potere, gli obiettivi, i metodi pericolosi di chi opera nell’ombra. Chi comanda nei servizi segreti italiani e quali sono le azioni a cui si dedicano, all’interno e fuori dal Paese? Quanto costano e quanto sono realmente efficienti? Un’inchiesta giornalistica rompe il muro di segretezza che avvolge la nostra intelligence e fa i conti in tasca al Sisde.
Un appuntamento dedicato al Viaggio e ai viaggi insoliti

Hu Lanbo
, dalla Cina alla Francia, fino all'Italia nel suo libro Petali d'orchidea racconta il suo viaggio, un vero e proprio percorso esistenziale. "Il libro nasce per raccontare lo spirito cinese e provare a dimostrare la possibilità di dialogare. Racconto la mia difficoltà perché la società italiana guarda alla comunità cinese come un mondo chiuso. Non è sempre cosi. Vero è che molti cinesi sono arrivati in Italia fuggendo la disperazione, con un basso livello culturale e il solo obiettivo di guadagnare. Soprattutto la barriera della lingua dev'essere superata. Questo è il primo passo per l'integrazione".

Viaggiando con lo sguardo in alto insieme a chi si occupa di angeli e non solo studiandoli ma comunicando con loro.
"Un'avventura affascinante, racconta Craig Warwick, che ha cambiato la mia vita con una responsabilità nel sociale".  


Renata Discacciati e il viaggio come terapiaHo passato una vita a viaggiare, ci ha raccontato, e l'ho vissuto come una preparazione. Ho passato quasi tutta la vita a prepararmi. Ho la convinzione che viaggiare sia conoscere soprattutto l'altro per non temerlo e imparare a dialogare. Era il 1997 quando per la prima andai in Pakistan. Ero al mercato, con un vestito e i passanti mi toccavano il sedere. Seccante. Giurai di non mettere più piede in un paese islamico. Sbagliavo. Ci sono tornata tante volte. Ho imparato che se io mi sentivo libera di non essere velata, gli uomini non abituati ad una 'donna libera', si sentivano altrettanto 'liberi'".

Renata Discacciati racconta che l'India, in questo momento almeno, è il luogo terapeutico per eccellenza, per l'energia, il colore, per essere un crogiuolo di culture e perché la gente "si interessa a te, anche per strada. Questo è bellissimo".

Giuseppe Di Piazza a Radiolivres
Radiolivres al Festival delle storie a Gallinaro.
Presenta Vittorio Macioce, Capo redattore de' "Il Giornale" a Roma con Edoardo Inglese, Compositore e conduttore musicale della serata.
Ospite Giuseppe Di Piazza con I quattro canti di Palermo
.

Da cronista Vittorio dichiara il suo amore per giornalisti e scrittori siciliani, come un dato di fatto. Il libro è il racconto di un giornalista alle prime armi. Inesperienza e presunzione di immortalità accompagnano Giuseppe nella sua storia dal cronista che era all'uomo che è diventato. Il racconto comincia dichiarando il proprio zaino pesante, per non staccarsi dalle cose, accumulando esperienze e ricordi per averne un giorno nostalgia. "Il romanzo è il racconto di un giovane giornalista nei primi anni Ottanta quando nel 1979 era iniziata la seconda guerra di mafia, una mattanza. In quell'anno cominciai a lavorare a "L'Ora" un giornale antimafia (dapprima di proprietà del partito comunista) e tutti i giorni c'era la contabilità dei morti. Ho scritto questo libro per tirare fuori i ricordi sepolti e metterli insieme ricompone il mosaico di una generazione distrutta dalla lotta allo Stato". La stessa vita del giovane cronista fu turbata a lungo tanto che "a 26 anni non riuscivo più a dormire".
E allora? "Prendevamo dosi massicce di amore e sesso per sconfiggere l'orrore. Era la prima operazione antimafia collettiva".

martedì 28 agosto 2012

Festival delle Storie 2012

28 agosto - San Donato Val di Comino 

programma della giornata

sito Festival


Vanna Vannuccini, Vittorio Macioce, Giulio Mozzi
Vittorio Macioce presenta Vanna Vannuccini con L'amore a settant'anni e il diritto d'amare oltre la fertilità e Giulio Mozzi con Ricordi d'infanzia.
Vanna Vannuccini racconta come la cinematografia, la dimensione culturale che più forma il nostro immaginario, racconta l'amore e la gioia della terza età, riservati non solo ai ricchi e famosi.

Il canto dei precari risuona a San Donato con Michela Giannetta, Daniela Ranieri e Luca Manzi intervistati da Carlo Annese, Vicedirettore di "JQ". Tre approcci narrativi differenti raccontano il precariato post industriale dopo una letteratura sterminata sugli sconfitti e le vittime del mondo industriale che la cinematografia ha reso quasi una leggenda.

Il canto dei precari
Dopo la durezza e alienazione della vita da fabbrica alla fluidità e disorientamento della precarietà; dalle catene di montaggio alle rotative culturali.




Giancarlo Marinelli con la voce di Debora Caprioglio - Narrare l'amore con una nota noir.
L'attrice Debora Caprioglio
Tutto cominciò per un volo disgraziato di ritorno da San Paolo del Brasile. Tra i passeggeri Giancarlo Marinelli in carne e ossa e l'incontro con una bambina reale. Lo spunto è un incidente di percorso che il narratore trasfigura in Penultime labbra (Bompiani, marzo 2012). "L'esperimento nuovo - ci ha raccontato l'autore - è di portare in scena soprattutto gli invisibili".
Giancarlo Marinelli 

lunedì 27 agosto 2012

"Chi c’è dietro la Primavera Araba?" Incontro con Alfredo Macchi al Festival Internazionale Adriatico Mediterraneo di Ancona

Festival Internazionale Adriatico Mediterraneo - Ancona

Martedì 28 agosto ore 18
Spazio incontri Mole Vanvitelliana
Chi c'è dietro la Primavera Araba?Incontro con Alfredo Macchi
Conduce Sergio Sparapani

Ingresso gratuito

Alfredo Macchi, autore di Rivoluzioni S.p.A. - Chi c'è dietro la Primavera Araba, da inviato in Egitto nei 18 giorni di rivolta contro l’ex rais Hosni Mubarak, rimane colpito da una strana coincidenza: il simbolo del movimento protagonista della rivolta era lo stesso di un movimento che aveva fatto la rivolta in Serbia nel 2000. Secondo l’autore, infatti, “gli americani hanno la loro idea su come portare la democrazia. Forse Bush premeva più sul Pentagono. Obama preferisce 2.0.” Un'indagine su chi si nasconde dietro le pagine dei social network che hanno accompagnato le rivolte, e le similitudini tra le rivolte arabe e le rivoluzioni degli ex paesi sovietici. È una grande opera di disinformazione quella che secondo l'autore ha accompagnato le rivolte iniziate nel 2011 e che ancora sono in corso.


Giornalista Mediaset, Alfredo Macchi ha seguito come inviato alcuni tra i più importanti eventi degli ultimi anni, tra cui  diversi teatri di guerra: Iraq, Libano, Afghanistan. realizza reportage per "password" rete 4, "Live" Italia Uno e "Terra!" Canale5. Nel 2011 racconta le rivolte in Egitto, Tunisia e Libia per i tg Mediaset. Come fotografo, da alcuni anni collabora con diverse organizzazioni umanitarie per le quali ha realizzato immagini in Africa, Asia, Europa, Sud America. A marzo è uscito il suo libro Rivoluzioni S.p.A., in cui mostra i retroscena della Primavera Araba svelando storie e intrighi davvero sorprendenti.

Sergio Sparapani è giornalista e storico.

domenica 26 agosto 2012

"Zitoyen!" di Med Hamouda


Zitoyen!
ou la génération nomade
di Med Ridha Ben Hamouda

Romanzo vincitore dell’edizione 2012 delle Assurances Comar, testo politico quanto mai di attualità nel momento della transizione tunisina. E’ un testo e un inno alla cittadinanza quale consapevolezza e responsabilità della democrazia come partecipazione, costruzione dal basso, impegno necessariamente continuo e faticoso; talora un fine sempre al di là delle possibilità reali di definirlo come un traguardo praticabile. Nondimeno rappresenta l’essenza ancestrale dell’uomo tanto che Hamouda, definisce lo zigote, in una discussione tra amici, come il primo nucleo di vita ovvero un cittadino in embrione, detto anche zitoyen, per l’appunto, come si svelerà alla fine. Il romanzo è una lunga discussione politica tra amici in vacanza, condita dall’atmosfera di una vacanza marina soprattutto grazie a descrizioni struggenti del paesaggio. Il nucleo è un saggio sulla responsabilità del percorso verso la democrazia nel quale la mediocrità e la corruzione non sono mai una fatalità. Il libro è altresì la narrazione di una generazione nomade, in viaggio verso una meta mancata, desiderosa di crescere interiormente, intellettuali del cuore, soffocati poi da un regime. E’ l’euforia di un’epoca all’indomani dell’Indipendenza insieme alla grande delusione che ne è seguita nelle ultime due decadi.
Testo impegnativo che ci presenta una serie di coppie descritte a guisa di preludio in vacanza al mare, impegnati in un continuo dialogo, nel quale le vicende personali, i gusti, le azioni rimangono decisamente sullo sfondo, sfumando appena il saggio in romanzo. Il gruppetto di amici, sulla sessantina, diventa anche paradigmatico dell’avvicinarsi della pensione, come di un’età di cambiamenti, per lo più subìti, con i quali occorre confrontarsi, rimettendosi ancora una volta in discussione, ad esempio faccia a faccia con una nuova forma di solitudine. E’ la generazione del dopoguerra che ha seguito l’onda della rinascita, dell’impegno civile, della modernizzazione, della speranza e della grande delusione.
Le pagine del testo relativamente voluminoso, scorrono rapide tra le dita, tanto è bella e vivace la prosa, un vocabolario ricco e metafore talora vibranti che non cedono all’autocompiacimento e sempre asciutte come la marea che diventa un’eclissi temporanea.
Significativo il prologo che narra la vicenda di Didone alias Alyssa e la fondazione di Cartagine quale modello di moderna democrazia, culla delle civiltà del mondo, coraggio della responsabilità e valore del femminile ‘guerriero’. Un nome che diventa un simbolo e che sarà dato alla protagonista del romanzo. Tra l’altro potrebbe esserci un fondo autobiografico dell’autore rispetto alla propria famiglia nell’identificazione con Elissa e il marito, di funzionari nazionalisti e seguaci di Boughiba, engagés; mentre il nostro autore, ingegnere di formazione, è diventato intellettuale per passione, elementi che si ritrovano nei personaggi del libro e che hanno segnato la vita e la cultura di Hamouda. Qualcuno dice che un lavoro grande come creare una civiltà non potrà essere certamente svolto interamente da una donna; ma Elissa/Didone conoscendo la fame e l’impazienza degli uomini, risponde che sarà possibile. La lezione che ne deriva – è questo il valore aggiunto – non è una prova di forza, tanto meno di alterigia; piuttosto una lezione di accoglienza: se il progetto può essere di uno solo, la costruzione è sempre corale.
L’autore confessa che alcuni lettori si chiederanno perché racconta questa storia, dilungandosi, quando la leggenda è ben nota. “Per prima cosa, direi perché sono sempre innamorato della mia Bien-aimée! E’ un modo come un altro di celebrare la sua memoria in occasione di una prima testimonianza…” Inoltre - ci informa l’autore - di aver voluto parlare dei “valori che dovrebbero presiedere nella nostra società… Infine, ho voluto portare, tanto come testimone quanto come attore, la mia versione su questo periodo che costituisce in ogni caso, concediamoglielo, un atto fondatore”. La storia, secondo Hamouda, è infatti una grande maestra perché per gli uomini esiste rispetto alla tradizione un attaccamento dal quale trarre affidamento. In fondo se ci pensiamo la traduzione è ambigua: quando si pensa alla storia si pensa agli accadimenti realmente avvenuti e in tal senso la storia è maestra di verità; quanto al raccontare una storia come gioco di fantasia. Qualcosa vorrà pur dire.
L’autore fa trapelare anche una critica agli intellettuali, quanto mai attuale a mio parere, dal momento che sulla storia pesa la cultura con la propria responsabilità di non aver osteggiato le dittature e limitato con quella che dovrebbe essere la sua vocazione ontologica, il pluralismo, l’affermarsi del partito unico. Una delle osservazioni – introdotta come nota del narratore – è che il destino dell’Oriente è di affermarsi attraverso guide singole, ovvero personalità eccezionali, magari, e proprio per questo distanti dal creare un sistema democratico.  
Nel testo aleggia anche un amore per la bellezza che ricorda la celebre frase ‘la bellezza salverà il mondo’ del Principe Minsk ne’ “L’idiota” di Fedor Dostoevskji, riproponendo una sacralità dell’universo che ci fa dire che può essere soltanto opera di un creatore. Questa speranza iniziale si flette nel viaggio dei protagonisti che resta incompiuto.

Zitoyen!
ou la generation nomade
Med Ridha Ben Hamouda
Sud éditions, Tunis
Stampa Finzi
15,00 DT – 15 Euro

giovedì 23 agosto 2012

"Comodamente" - Paesaggi, parole, festival

VI edizione del Festival Comodamente 
Vittorio Veneto (TV)
7-9 settembre



Sabato 8 settembre
Ore 10.30
Chiesetta S.Giuseppe
Avere vent'anni a Tunisi e a Il Cairo

letture di Khaled Fouad Allam
presenta Ilaria Guidantoni

www.comodamente.it

lunedì 20 agosto 2012

Mercoledì 22 agosto Isola Tiberina "In onda incontriamoci all'isola" con poesia, musica e ospiti

Isola del Cinema (Isola Tiberina)  Mercoledì 22 agosto ore 19.00 presso lo schermo Tevere

In onda Incontriamoci all'Isola
a cura di Iolanda La Carrubba

con: INOIZZATUM MUTAZIONI E CONVERSAZIONI  Tomaso Binga


Ospite in poesia e musica: Tiziana Colussocon un'anteprima di Ecofrasie, CD di poesia e musica
edizioni Terre Sommerse 2012, testi di Tiziana Colusso, musiche originali di Natale Romolo e Federico Scalas


Ospite poetico: Franco Falasca, con il suo libro La felicità e le aberrazioni
Sigla dell'incontro e poesi-canzone a cura di Amedeo Morrone

domenica 19 agosto 2012

"La grande casa" della cantante Nada al Caffè della Versiliana

Marina di Pietrasanta, Giovedì 23 agosto, alle 18.30

La cantante alla vigilia dei suoi sessant'anni presenta il suo terzo romanzo, e la sua passione per raccontare delle storie che ha accantonato la sua vocazione di cantante con la quale ha ottenuto il successo, ancora sedicenne a Sanremo con "Ma che freddo fa".
Il libro di ispirazione autobiografica, legato ai luoghi della sua residenza, nella Maremma, ripercorre soprattutto il dolore e la depressione che ha conosciuto personalmente e che ha coinvolto molte persone della sua famiglia.



"La grande casa", di Nada Malanima 
 (Bompiani editore, maggio 2012

sabato 18 agosto 2012

"Le nebbie di Vraibourg" di Veronica Elisa Conti


Le nebbie di Vraibourg
di Veronica Elisa Conti
Vincitore Premio Luigi Malerba 2011


Un romanzo gotico lo ha definito l’autrice quando me lo ha regalato in occasione della presentazione a Roma del Premio Malerba (del quale si è parlato in questo blog) che si è aggiudicata con questo racconto di formazione. Se l’atmosfera ha un fondo tenebroso e cubo, con punte di morbosità, i colpi di scena in stile noir non ne caratterizzano a tal punto l’impianto. Resta, a mio parere, un romanzo classico che attinge alla tradizione francese, tedesca e inglese ottocentesca e primi Novecento per la struttura e l’evoluzione del giovane protagonista, seguito sia sotto il profilo psicologico, sia intellettuale e delle vicende amorose. Le fonti sono evidenti, palesate dall’autrice nel gioco della maschera che nascondendo rivela, come i nomi che riecheggiano, in parte anagrammati, personaggi noti della tradizione letteraria soprattutto francese. Un gioco che sarebbe interessante comprendere nello spirito: interattività con il lettore e quindi puro intrattenimento? Esercizio di ironia? Gusto accademico della citazione? L’ironia è sottile e pervade con qualche nota grottesca la vicenda, soprattutto con l’uso dell’ossimoro simbolico, a cominciare dal paese nel quale si ambienta la storia, Vraibourg, letteralmente paese vero, autentico; in effetti il regno dei bugiardi. Le letture e la formazione dell’autrice sono visibili nell’organizzazione della trama, nella caratterizzazione dei personaggi, nella simbologia del bosco-labirinto, del castello, della lavandaia e rammendatrice con allusione all’atto purificatore – basti pensare alla condanna delle ‘ragazze peccatrici’ in “Magdalene” – che in questo caso è però una doppia negazione. Altro elemento degno di nota, nel quale l’esercizio di Veronica Conti è impeccabile, l’analisi della falsa società di provincia, perbenista e cattiva. La crudeltà, oltre che la falsità, è la cifra che domina l’ambiente, una ferocia che si rivolge come un’autocondanna da parte di ogni personaggio verso se stesso.
Il pregio migliore di questo libro che ha molti aspetti inattuali è lo stile e il linguaggio, decisamente moderni. Una prosa asciutta, lineare, essenziale, con alcuni spunti graffianti e originali, che fanno scivolare le pagine senza inceppamenti e guidano, sostenendo la storia fino alla fine. Alcuni passaggi meritano davvero come quando scrive “Lei si insinuò nella crepa della sua voce”; o “Lui se n’andò, il volto sfregiato da un sorriso”; o ancora “…le maldicenze che la signora Rougon macinava come i grani del rosario”.
Etienne un giovane istruttore cresciuto in collegio è invitato a fare da precettore in un castello in Normandia, a’ La Guyenne, presso il figli, Dorian, dandy bizzarro di un vecchio padre burbero vedovo e austero come gli ambienti nei quali vive. E’ Tancrède, il principe, che ha pagato l’istruzione dello stesso Etienne e che ora lo vuole con sé. Gli incontri soprattutto al femminile sveleranno a Etienne il mistero che si cela dietro questa famiglia e che lo concerne in via diretta con un crescendo pirotecnico, fino alla deriva surreale e quasi grottesca, nelle cui maglie resterà impigliato il protagonista, arreso spettatore e per questo connivente di tanto marciume. Fanno da sfondo la natura cupa del luogo, freddo e nebbioso; il bosco scuro e misterioso; le stanze fredde e volutamente poco riscaldate ed essenziali del castello dove vengono serviti pasti più che frugali; mentre all’esterno è tutto un cicaleccio di voci e pettegolezzi roventi di una violenza inaudita che simbolicamente si ritrovano nell’ostentazione del perbenismo domenicale alla messa.
Sarebbe interessante sapere dall’autrice la ragione dello spostamento del piano alla fine, soprattutto nell’epilogo, dal protagonista a quella che si rivela essere suo malgrado la famiglia, fino a rincorrere gli epigoni di una vicenda laterale come a sottolineare l’esito perverso delle rivelazioni. Che cosa ne è invece di Etienne? Cosa accade nei meandri della sua mente e soprattutto del suo cuore? Quel sondino che era sceso in profondità a seguirlo fin dalle prime pagine si ritira e lo inquadra da uno zoom un po’ lontano. Cosa rivela questa scelta?
Infine mi resta un dubbio: Etienne e Ophélie  decidono di darsi del tu nella prima conversazione: “Diamoci del tu. Non siamo coetanei?” (p. 33). Solo che poi le conversazioni proseguono con il lei finché si dice “Gli aveva dato del tu per la prima volta” (p. 93). Perché questa visibile incoerenza? Che gioco nasconde?

“Le nebbie di Vraibourg”
di Veronica Elisa Conti
MUP Monte Università Parma edizioni
15,00 euro

mercoledì 15 agosto 2012

Lettera da Agadez


Lettere da Agadez
Racconti sahariani
di Emilio Borelli

Carnet de bord di un appassionato del Sahara e della lezione del deserto, minuzioso e minuto come una mappa di navigazione e per questo talora il libro può risultare faticoso per chi non ha alcuna idea dei luoghi. Il messaggio centrale arriva però dritto al cuore: il deserto è la terra della natura che guida la civiltà, del gruppo che prevale sul singolo – questione di sopravvivenza – dell’adeguamento quale regola di vita. Il deserto lo si può affrontare da turisti e si viene respinti, tenuti ai margini come pensare di conoscere un animale visitandolo allo zoo; oppure da viaggiatori, immergendosi, con l’umiltà dell’ascolto. E’ il luogo del nomadismo dello spostarsi “anche senza un obiettivo preciso. Ma non per questo senza una ragione”. Andare altrove è aprire una nuova possibilità, magari migliore. C’è forse una ragione intima e ontologica dello spostarsi in quanto tale per colui il quale la vita è un viaggio, all’insegna dell’irrequietezza. Borelli sono decenni che frequenta il Sahara, tornandoci attratto da un richiamo irresistibile, da quando era studente di architettura, fino alle nuove fasi della sua vita; da sperimentatore a guida, come una metafora esistenziale. Da neofita, assaggiatrice del deserto e frequentatrice del Maghreb, ho provato una profonda nostalgia in queste pagine nonché il piacere dei piccoli aneddoti, degli excursus linguistici, della conferma che le tappe del viaggio sono disegnate non da obiettivi, luoghi e monumenti – non principalmente almeno – quanto dagli incontri umani, come testimonia l’ultimo capitolo che dà il titolo all’opera. Il centro del viaggio è l’Algeria che purtroppo non conosco se non attraverso le parole e le emozioni dei miei amici algerini, con delle ‘incursioni’ in Niger, Libia e in Tunisia, il paese dove piano piano sto mettendo radici. Non vorrei cadere nella tentazione di fare un riassunto: il libro non è una storia, è uno spezzone di vita, un pezzo di viaggio, da vivere per assaporare il clima dell’avventura nel deserto, fuori dalla rotte tracciate e definite; dove l’imprevisto può essere una possibilità foriera di ricchezza. Mi piace quel inserto ben dosato di francese, di arabo, di berbero e di dialetti locali, che non solo arricchisce alcuni passaggi dove la traduzione perderebbe di intensità; quanto lascia intravedere il clima di contaminazione dei popoli proprio attraverso la molteplicità delle lingue che vi si parlano e che a mio parere resta una delle esperienze centrali di ogni viaggio. Tra l’altro il sincretismo linguistico e religioso svela molte componenti della storia di quei popoli che hanno vissuto di stratificazioni successive e inserzioni non sempre pacifiche, dai Peuls ai berberi, ai touareg. Altro elemento nel quale mi ritrovo pienamente la distanza e la lontananza dell’Europa dalla vicina sponda sud del Mediterraneo, con particolare riferimento alle vicende e alle tensioni politico-religiose che hanno caratterizzato l’Algeria degli anni 1991-1992. “Lettera da Agadez” non è un saggio e neppure una guida, anche se lo diventa suo malgrado, è una testimonianza, resa per la difficoltà di raccontare il Sahara in modo scientifico e storico, oggettivato, come sottolinea l’autore. “Il Sahara è per forza il tuo, e solo il tuo, nemmeno quello del tuo compagno di viaggio, del tuo vicino di seggiolino gli assomiglia, il tuo è comunque il più bello e basta!...Il Sahara non è un’equazione, non è algebra”. In qualche modo – sembra dire - è più utile scrivere sul Sahara che leggere del Sahara. E ancora “Bisogna andarci comunque, scendere al Sahara per capire, bisogna andarci con curiosità, l’umiltà se già non c’è viene poi, non servono tanti manuali, viene abbastanza in fretta sa sé. Sennò sei un cretino, ed il Sahara con quel tipo di debolezza è inclemente”. Un’osservazione che mi ha fatto impressione perché mi sono ritrovata, ma mi è costato tempo e fatica capirlo, è che ci sono luoghi e viaggi che mettono paura non per quello che incontri ma perché sono un appuntamento al buio…con te stesso. Ci sono luoghi – e i deserti sono di questa specie – che fanno da specchio e ti costringono a guardarti dentro. E’ questo però a mio parere il rischio che si deve correre in un viaggio, perdersi per ritrovarsi, senza voltarsi indietro. E’ per questo che ci sono luoghi, ognuno ha una seconda patria, più viscerale perché scelta, dove si può andare infinite volte indipendentemente da cosa c’è da vedere. Ecco perché l’autore prende in giro coloro i quali gli chiedono, senza scherno, Cosa ci va a fare l’ennesima volta del Sahara? Cosa ci trova? A volte anche un sasso insignificante, come dice Borelli, può dischiudere un mondo. Ognuno di noi trova la propria via. E’ proprio per questo che è essenziale il modo di cercarla. C’è chi segue, più comodo, la scia di chi precede (le piste segnate); chi procede più o meno lasciandosi portare; chi facendo uno zig zag, ovvero una media dei tracciati già segnati, perché ci si nutre anche delle esperienze degli altri.

Lettere da Agadez
Racconti sahariani
di Emilio Borelli
Polaris
per le vie del mondo
13,00 euro

martedì 7 agosto 2012

"Barche amorrate" di Enrico Gurioli

Centro Studi Campaniani “Enrico Consolini”
Premio Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri



Con il patrocinio del Comune di Marradi

Lunedì 20 agosto 2012 alle ore 21,00 a Marradi
nella “Corte delle Domenicane” di Via Castelnaudary, 5
                                                              

Il Presidente Mirna Gentilini
in collaborazione con la Compagnia Per non perire d’Inedia
presenta il libro di

 Enrico Gurioli

BARCHE AMORRATE
Dino Campana. La vita, i canti marini e i misteri orfici, 
Edizione Pendragon,  Bologna 2012



Sarà presente l’autore

Seguirà
 “La partenza e il Ritorno. Dino Campana”
del  gruppo teatrale Istriomania 
voci : Paola Ferrari, Raffaele Rinaldi
musiche : Vincenzo Falvo
selezione testi, drammaturgia : Paola Ferrari

domenica 5 agosto 2012

E' nata una nuova rivista letteraria, Levania

Nel degrado sociale e generalmente diffuso in tutti gli ambiti, con i tagli alla cultura operati a più riprese da un'amministrazione obnubilante e di corte vedute, la nascita di un "fiore" letterario è sempre un evento di eccezionale valore, un esempio da additare al popolo, quello buono e sano che ancora segue, ama e pratica la lettura approfondita, per scoprire e riscoprire nuove emozioni e per alimentare il senso critico e il senso estetico, oggi forse troppo spesso opacizzato dai mass-media e dal qualunquismo imperante. Una rivista letteraria nuova è pur sempre un atto di coraggio, da parte di chi l'ha ideata e progettata, e da parte di chi la vorrà sostenere, redattori compresi. Un atto di coraggio perchè si va, purtroppo, contro corrente, nel senso che la massa (non il popolo, che ha un'anima!) ama forse di più il fotoromanzo o il grande fratello, e quindi sarà utopica la rinascita del vero uomo. Ma noi ci crediamo, e combatteremo per questa idea, per questa nuova rivista, che si annuncia molto precisa, di qualità, seria, e che dà e darà voce non solo ai buoni poeti contemporanei, ma anche a tutti coloro che si occupano di cultura a largo raggio: filosofi, scienziati, critici, saggisti. Ecco qui di seguito il comunicato stampa che ne annuncia l'uscita.

Una nuova rivista nasce oggi a Napoli, e in Campania: un semestrale agile, che accoglie esempi di quanto si va scrivendo in Italia e in altri Paesi, senza trascurare la buona poesia che c’è in aree e in ambienti sfavoriti dall’assenza dell’editoria maggiore, e anche di quella media. In ossequio alla migliore tradizione novecentesca, che ha visto farsi sempre più intensi il confronto e l’interferenza tra linguaggi diversi, presentiamo, inoltre, il lavoro di artisti, scelti di preferenza tra quelli impegnati nella ricerca della comune origine segnica di figure e parole, e tra quelli che hanno avvertito l’esigenza di includere la parola, se non il testo poetico, nelle immagini che producono. Nella convinzione, infine, che pensare la poesia costituisca un’attività critica ed una forma di resistenza all’insensatezza, la redazione sarà attenta alle intersezioni della poesia con le discipline scientifiche e con la filosofia, presentando, dal prossimo numero, contributi teorici e saggistici.
La rivista si chiama Levania in omaggio a Sergio Solmi, che così intitolò, negli anni ’50, un’esile raccolta ispirata a un librino del Seicento, il Somnium, seu Opus de astronomia lunari, opera oscuramente utopica di Johannes Kepler.

mercoledì 1 agosto 2012

Tanto già lo sapevo di Loredana De Vitis

Copertina disegnata dall'autrice

Per quasi due anni, quando viaggiando per le presentazioni di "storie d'amore inventato" mi si chiedeva di "scrivere di più" ["Spiace finisca così presto", "Solo 58 pagine? Peccato", "Scrivine 100, dai scrivine 100"], mi son detta... "Bah, chissà!". E infatti mettendo il punto alla fine di "tanto già lo sapevo", non potevo credere ai miei occhi! Circa 180 pagine, e scritte fitte! ;)
Insomma, per farla breve: è uscito il mio primo romanzo. S'intitola, appunto, "tanto già lo sapevo".
In "tanto già lo sapevo" racconto la storia di Anna.
Anna che vive con Pat e poi con Alberto.
Anna che poi lascia Alberto e se ne va da Cristina.
Anna che poi conosce Fabio e poi torna a casa.
Anna che poi cambia casa e conosce Bathie.
Anna che poi lascia Bathie e poi e poi.
Poi, finalmente, succede qualcosa.
Succede che Anna capisce cos’è l’amore: cos’è l’amore per lei.
Come per i racconti, anche la grafica di questa copertina è home made!: ho usato un mio disegno a pennarello di qualche anno fa. Nella breve nota su di me in quarta ho ironizzato: "Non si tratta di un'autobiografia. [(s)fortunatamente]".
"tanto già lo sapevo" si può acquistare:
"tanto già lo sapevo" partecipa inoltre a "ilmioesordio", il concorso nazionale di letteratura promosso da ilmiolibro in collaborazione con Scuola Holden e Giangiacomo Feltrinelli editore.
Vi lascio con l'indice del romanzo (in calce) e vi auguro un agosto di letture gratificanti. Godiamocela, in un modo o nell'altro!
di Susanna Tornesello
Alla prossima, Loredana
 
***
antefatto
l’ho mollato un pomeriggio qualunque
PARTE PRIMA
quella volta che l’ho incontrato
1. a Lecce, tutto dall’inizio
2. a Perugia, più la questione di Fabio
[sono io che ho visto male]
3. la verdura la carne le mani
4. sul tornare o non tornare
PARTE SECONDA
quella volta che ho detto sì, ma volevo dire no
1. Alberto con la valigia
2. la signora Sofia
[sei tu che hai capito male]
3. ritorno a casa e fuga finale
4. tutti gli organi che non sapevo d’avere
PARTE TERZA
quando ho cominciato a dire no
1. cos’ho fatto di male per meritarmi mia madre
2. l’accidente di Bathie
[sono un situazionista, capisci cosa voglio dire?]
3. Pat e Paolo
4. cos’ho fatto di male per meritarmi mia madre [reprise]
PARTE QUARTA
quando ho capito che, ogni volta, io lo sapevo
scena prima / insert coins
scena seconda / la piega dell’indice
scena terza / m’ha detto no
scena quarta / sospensione
scena quinta / un’altra volta no
scena sesta / osservare
scena settima / filippo come in un quadro
scena ottava / all’improvviso
scena nona / io e filippo in un quadro perfetto
scena decima / insalata di patate
poscritto
ho detto di sì, tanto già lo sapevo

"Onde" di Francesco De Palo anche in versione ebook

Sinossi

Un uomo di 40 anni che si occupa di politica e, per caso o per convenienza, di immigrazione. Un circuito sociale, della provincia italiana, dove l’immagine ha ancora un preciso peso specifico. E sei vite che si intrecciano, ognuna con le proprie peculiarità, in un racconto semplice. Paolo, sposato con Licia e padre di due figli, si trova ad un bivio: manca poco alle consultazioni regionali che, con la sua rielezione, potranno sancire la sua definitiva consacrazione come uomo politico, anche in virtù di una legge regionale che porta il suo nome con norme molto restrittive per gli immigrati clandestini. Luca è un brillante avvocato, suo amico da anni: un po’ il collante fra Paolo e il tessuto sociale cittadino. Ma, dopo l’ennesimo tradimento, Paolo sarà scosso da un incontro/scontro con un ragazzo molto più piccolo di lui, dal colore della pelle diverso da lui. Ma che gli aprirà la mente verso un modo nuovo di affrontare la sua vita. Una storia, o molte storie, con sullo sfondo il delicato tema dell'immigrazione e l’assenza, almeno per il momento, di una strategia di lungo respiro che rifletta, senza pregiudizi e con una lungimirante accortezza, sul fattore umano. Di tutte le razze. Francesco De Palo, classe ’76, giornalista: scrive di politica, culture, Mediterraneo, immigrazione. Parla greco moderno, laureato in giurisprudenza. Redattore del settimanale Il futurista. Collabora con Il Mulino- Lettera Internazionale; con il mensile greco Laikì Fonì. È direttore responsabile delle news di Mondo Greco. Fino al 2010 ha collaborato con Secolo d’Italia, Ffwebmagazine, Nel mese.

Recensioni

LIBRO STUPENDO, DA LEGGERE ASSOLUTAMENTE

Scritto da Marikachris il 24 febbraio 2011
Un libro che fa riflettere, l'autore affronta un tema tanto delicato con tanta semplicità, immediatezza e profondità. Ritmo incalzante e trama coinvolgente! Lo stile della narrazione ti fa completamente vivere le scene. E' uno di quei libri che tutti dovrebbero leggere e sicuramente tutti ne trarrebbero reali sensazioni. Un libro che lascia il segno.