lunedì 30 settembre 2013

Editoriaraba - La fantascienza nella letteratura araba: quel genere che non ti aspetti!

Oggi puntata speciale sul blog. Io (nel testo Ea) e Marcia L. Qualey (nel testo AL) di Arabic Literature (in English) abbiamo intervistato Ada Barbaro sul suo libro “La fantascienza nella letteratura araba”, appena uscito per Carocci editore. È il primo testo in lingua occidentale che si occupa di questo argomento. Ne emerge il profilo di un genere letterario ricchissimo, incredibile e assolutamente poco conosciuto che non potrà che appassionare tutti i lettori (anche i non specialisti). Su Arabic Literature (in English) la versione in inglese della stessa intervistatrice. Coincidenza vuole, inoltre, che il 2 ottobre si tenga a Londra una conferenza proprio sul ruolo della fantascienza in arabo. Su Editoriaraba il programma.  

Ea: Sfatiamo un mito: la fantascienza come genere letterario in arabo c’è sempre stato o si è sviluppato solo recentemente? 
Come tutti i generi letterari, anche la fantascienza sorge con la commistione di diversi elementi. Di fantascienza nel mondo arabo parliamo sicuramente con ritardo rispetto a quella in lingua inglese. E qui va fatto un discorso un po’, se vogliamo, di natura post-coloniale: l’arrivo della fantascienza in lingua inglese arriva in concomitanza con lo sviluppo industriale, sviluppo che arriva successivamente nei paesi arabi. In più anche la forma del romanzo è arrivata in ritardo, essendo il romanzo un genere di importazione. Possiamo datare la nascita della fantascienza agli anni Cinquanta, all’incirca. Si tratta comunque di tematiche nuove che si innestano su un sostrato che già appartiene al mondo arabo, come avviene anche per la fantascienza in inglese o francese: è un genere che non nasce all’improvviso. Nel libro trova spazio proprio una parte dedicata alla proto-fantascienza: sono cioè andata alla ricerca di quegli elementi che possono essere stati presi in considerazione dagli autori moderni, che li hanno poi rielaborati, e hanno fatto della fantascienza non un genere esclusivamente di importazione. 

AL: Quali sono i testi che hanno maggiormente influenzato questo genere: i classici, le maqamat, i viaggi nel tempo o le storie fantastiche contenute nelle Mille e una Notte? O più di tutti è stata la fantascienza occidentale? 
Le fonti arabe sono innanzitutto le “mirabilia”, quindi i resoconti di viaggio, le vicende legate al mondo degli animali o le cosmografie dell’epoca classica. Già nell’epoca della Jahiliyya ci si interrogava su tutto ciò che era strano e su cui non si riusciva a dare spiegazione: dietro fenomeni naturali come la pioggia improvvisa, il temporale, il cambiamento delle stagioni nascevano dei racconti con cui cui si immaginava che ci fossero delle realtà “altre” che governavano tutti questi eventi. Oltre alle mirabilia poi ci sono i viaggi di Sindbad, in uno dei quali appare una cosa molto curiosa che poi verrà ripresa anche dalle Mille e una Notte, ovvero il confronto tra Sindbad terrestre e Sindbad marinaio, che mettono a paragone le proprie società. Ne Le Mille e una Notte invece, c’è la vicenda del cavallo d’ebano, o quella dell’arciere di bronzo, che attira le strutture portanti in ferro delle navi di cui poi quindi resta solo  il legno. Poi ci sono anche opere filosofiche: io ad esempio ho citato il filosofo Ibn Tufayl e la sua opera Hayy ibn Yaqzan dove l’autore immagina che ci sia un’isola deserta in cui – e qui qualcuno vi ha voluto leggere una sorta di antenato di Tarzan o di Robinson Crusoe, che fantascienza non sono! – stia crescendo un bambino che ha appreso dalla natura le capacità migliori dell’essere umano. Dietro questo racconto c’è quindi una visione utopistica. Nel libro faccio un excursus di questo tipo fino a giungere alla cosa più importante legata alla fantascienza, ovvero il romanzo utopistico: e qui siamo già nell’Ottocento, con al-Manfaluti e al-Kawakibi che parla della Mecca e di un’immaginaria conferenza tenuta dai rappresentanti delle religioni in cui si decideva il futuro delle nazioni. Si tratta qui dell’utopia di poter appianare situazioni che nella realtà risultano diverse e difficili da gestire. Poi c’è Farah Antun con Le Tre Città, o la piéceteatrale dell’autore egiziano Ahmad Ra’if che si intitola La quinta dimensione, in cui l’autore affronta tematiche molto interessanti: addirittura uno scontro tipo Guerra Fredda in cui immagina la ricomposizione del conflitto tra USA e URSS. Su tutti questi elementi si innesta il romanzo fantascientifico. Anche se è comunque spesso difficile distinguere tra fantasy, fantasia, fiaba, mirabilia. Non dico che tutto questo sia fantascienza: è vero però che in qualunque cultura, se si è sviluppata la fantascienza, questa ha attinto dal proprio patrimonio. C’è addirittura qualcuno che aveva letto nel Corano dei segni di fantascienza, opinioni da cui mi sono tenuta lontana. Ad esempio nella Sura delle Api si parla di un Dio sempre creante: se ha creato questo, dicono, chissà quali altri mondi starà creando? Oppure pensiamo al concetto di “ghayb”, assente, che ricorre nel Corano: qualcuno lo ha considerato come un qualcosa di nascosto, di invisibile, di arcano. Per quanto riguarda invece le influenze della fantascienza occidentale, bisogna innanzitutto dire che molti autori erano in grado di leggere perfettamente l’inglese. È stata la prima fantascienza inglese ad averli influenzati: Wells, Huxley e Orwell, a cui lo scrittore egiziano Tawfiq al-Hakim si è molto ispirato. Da questo, ad esempio, è nata la sua inaspettata opera teatrale, anche tradotta in italiano,Viaggio nel futuro (traduzione e cura di A. Borruso, Liceo Ginnasio “Gian Giacomo Adria”, Mazzara del Vallo, 1988). Nel libro ho disegnato uno schema in cui paragono alcune delle tematiche affrontate da Orwell che trovano riscontro nell’opera dell’autore egiziano. Molti elementi di 1984 vanno di pari passo con alcune parti della pièce di al-Hakim. 

AL: Quali sono i temi ricorrenti: viaggi verso altri pianeti, distopia, viaggi nel tempo? E perché pensi sia così? 
Il viaggio nel tempo è sicuramente il tema più usato, e qui emerge senza dubbio una delle specificità della letteratura araba: il concetto del tempo, che nel mondo arabo-islamico si declina in modo differente rispetto al mondo occidentale. Parliamo di una società basata sulla ritualità, dove la scansione della giornata avviene a seconda della preghiera. Insomma, il tempo ha un valore importante ed è sempre controllato dal Sempiterno, per cui voler attentare a questo controllo, voler oltrepassare i limiti imposti da Dio, è un modo di riappropriarsi del proprio tempo, di superare la visione, molto stereotipata, degli arabi che sono soggetti al volere di Dio, quando invece possono ribellarsi. È una vera e propria forma di trasgressione quella di voler oltrepassare le barriere temporali, ma molto spesso, da questo punto di vista, i romanzi fantascientifici hanno un finale negativo. Anche se i protagonisti riescono a conquistare il tempo, e in questo senso la conquista maggiore è l’immortalità – e pensiamo quanto questa cosa possa essere blasfema – il risultato alla fine è sempre negativo. Alla fine dei romanzi c’è sempre qualcosa che distrugge tutto. È come se si volesse cancellare ciò che l’uomo, vinto dalla sete di potere, ha voluto fare. C’è il senso di voler eliminare il cattivo esempio. Per tornare alla tua domanda quindi, i temi principalmente esplorati sono i viaggi nel tempo e quelli verso altri pianeti. Nel libro infatti individuo come chiavi di lettura proprio lo Spazio e il Tempo e riporto diversi esempi di questi autori. Per quanto riguarda l’immortalità, questa può essere raggiunta con l’elisir di lunga vita, l’ibernazione o le operazioni sulle cellule. La scrittrice kuwaitiana Tibah Ahmad al-Ibrahim, di cui io parlo, ha scritto un romanzo che si chiama L’uomo sbiadito, titolo che fa riferimento al pallore di un uomo che si è addormentato grazie a degli esperimenti e poi si è risvegliato dopo molto tempo. Naturalmente nessuno lo riconosce anche se lui è rimasto uguale. Hai presente Il curioso caso di Benjamin Button? Ecco lui è rimasto uguale, però ha perso tutto, non si ricorda nulla e allora comincia ad apprendere, ma lo fa in maniera meccanica. Viene educato alla stregua di un bambino, ma è ovviamente più veloce. Si nutre di libri e nelle sue relazioni con gli altri mette a fuoco tanti paradossi della società araba. 

Ea: Quali sono gli autori e le opere più rappresentativi del genere? 
Il padre della fantascienza araba è in assoluto Nihad Sharif, un autore egiziano morto da poco. La sua opera Qahirah al-Zaman (Il vincitore del tempo) è considerata una pietra miliare nella produzione fantascientifica. E poi ci sono altri autori che pur non essendosi dedicati interamente alla fantascienza ad un certo punto hanno avuto una breve parentesi fantascientifica: ad esempio Sabri Musa, scrittore egiziano che ha scritto una distopia (tema che nasce con lui nella letteratura araba). La cosa più interessante che ho rilevato è stata la presenza di scrittori di fantascienza anche in terre che uno penserebbe ancora ancorate a sistemi così tradizionali che non è possibile veder sorgere la fantascienza. Ad esempio Yemen e Mauritania, anche se su quest’ultimo paese già aveva scritto Isabella Camera d’Afflitto in un numero speciale di “Oriente moderno” dedicato alla letteratura del Maghreb, in cui descrive quest’opera di un autore mauritano che si chiama La città dei venti, opera assolutamente fantascientifica. L’autore yemenita invece è piuttosto famoso e si chiama Abd al-Nasser Mujalli: ha scritto un romanzo dal titolo Geografia dell’acqua in cui descrive la scomparsa sulla Terra dell’acqua a causa di un “pianeta bianco” che si sta sciogliendo per i gas prodotti dalla Terra e i cui abitanti si vendicano dei terrestri togliendo loro l’acqua. È quindi un romanzo “ecologista”, uno dei filoni della produzione fantascientifica. Poi c’è il siriano Talib Umran, autore molto prolifico che ha addirittura una collana fantascientifica tutta sua e di cui parlo soprattutto in relazione alla sua produzione post-11 Settembre. E qui l’elemento fantapolitico è molto più evidente. È bene dire che si tratta, mi riferisco agli autori contemporanei, di scrittori intorno ai 40-50 anni che hanno alle spalle quasi tutti una formazione scientifica. 

Ea: È un filone ricchissimo quindi… 
Assolutamente. Nel libro accenno a molti romanzi e autori, ma ho scelto di soffermarmi su alcuni che mi sembravano più rappresentativi e di forte impatto anche per quanto riguarda la censura. Mentre scrivevo mi rendevo conto che non sarei riuscita ad occuparmi di tutto, ma non essendoci un saggio che tratta dell’argomento, neanche in inglese, ho voluto scrivere un testo che fosse un po’ un quadro di riferimento generale, per chiunque trovi difficoltà a reperire le fonti in arabo e necessiti di un manuale di riferimento. Ea: Che lingua usano questi scrittori nei loro romanzi: arabo classico, dialetto, neologismi, calchi dalle lingue straniere…? Tutti scrivono in classico, non ho rilevato espressioni dialettali, ma soltanto una ricerca linguistica molto profonda che nasce dall’esigenza di adattare ai cambiamenti anche l’arabo. Nel libro dedico proprio una parte alla lingua e cito qualche neologismo: ce ne sono molti e tutti interessanti. Pensiamo al termine “fantascienza” e a come è stato reso in arabo, cioè al-khayal al-ilmi, ovvero l’immaginazione scientifica. O a “cyberpunk” che è diventato al-saybir bank. O pensiamo a “distopia”, che è diventato naqid al-yutubiya, ovvero “l’opposto dell’utopia”. Ci sono degli enormi sforzi linguistici in questo campo: ci troviamo di fronte al rinnovamento della lingua che è tipico del Modern Standard Arabic che porta a coniare nuovi termini partendo proprio dalle radici arabe. 

AL: Hai trovato un modo per capire quale sia la popolarità dei titoli di fantascienza in arabo? Quali sono i titoli più venduti/piratati. 
Cercando informazioni sull’argomento e sugli autori, in quei paesi arabi in cui ho svolto la mia ricerca, mi sono accorta che in realtà c’è poca informazione tra i lettori. Questo succede un po’ anche perché la fantascienza è comunque una scoperta recente anche per il lettore arabo. Oggi ad esempio si trovano online solo i titoli più recenti, come Ajwan, della scrittrice emiratina Noura al-Noman o Bab al-Khorouj, dello scrittore egiziano Ezzedine Choukri Fishere,Utopia di Ahmad Khaled Tawfiq e i testi di Talib Umran. Qualche notizia la si reperisce dai pochi blog sull’argomento. Anche a livello accademico questa produzione è poco conosciuta. Ci saranno state 3-4 conferenze sulla fantascienza nella letteratura araba: una è stata organizzata nel 2010 al Cairo, in cui c’era un panel dedicato al tema, ma lo si poneva nell’ambito del filone sperimentale. Ancora quindi non è un genere molto accreditato. Ea: Chi legge oggi la fantascienza in arabo? Soprattutto i giovani, maschi e femmine, che sono anche lettori di fantascienza occidentale. Ci sono tante traduzioni sia della prima fantascienza che di quella più recente, anche se, come ben si sa, i giovani arabi riescono a leggere agevolmente anche in lingua straniera. È un buon segno comunque che le case editrici pubblichino traduzioni, perché  vuol dire che c’è domanda di libri e anche una certa attenzione a questo filone. È vero però che la produzione locale in arabo rimane ancora un po’ ai margini. 


AL: Ci sono differenze regionali? Cioè, cosa significa fantascienza in Marocco, Siria, Emirati o Egitto? Come si esprime questa produzione? 
L’Egitto è senza dubbio il centro più importante, come spesso accade. Io non ho rilevato grandissime differenze regionali tranne per quei paesi che sono più legati alla tradizione. Prendiamo lo Yemen, di cui parlo in relazione a Mujalli: questo autore vive negli Stati Uniti e sicuramente è stato influenzato dalla società statunitense, cosmopolita e iper tecnologica. Però la sua fantascienza è tipicamente legata al contesto yemenita. Ad esempio è molto forte la presenza della “profezia”. In uno dei suo libri, quando l’umano viene rapito dall’extraterrestre, che lo bacchetta per come lui e tutti gli umani stanno maltrattando la Terra, lui stava nel bel mezzo di una serata con i suoi amici, a raccontarsi storie della tradizione masticando il qat. E sai qual è la prima cosa che gli fanno fare questi marziani quando lo accolgono? Un bel bagno perché deve purificarsi! Quando io leggo un libro così, so perfettamente dove sono, si percepisce molto bene qual è il contesto culturale. E trovo molto interessante il contrasto tra lo sfondo tradizionale e l’incontro con il marziano dalla pelle verde. Le uniche differenze regionali che ho riscontrato sono principalmente dovute al fatto che in alcune parti del mondo arabo la fantascienza ha trovato un fermento culturale che altrove non c’era. Ea: Tra di loro questi autori si conoscono? È esistita per qualche numero una rivista letteraria dedicata alla fantascienza: la Majallat al-Khayal al-Ilmi, nata in Siria, in cui il comitato scientifico era composto in buona parte dagli autori di cui io parlo, che provengono da Egitto, Palestina, Marocco, Libano, Siria. Il primo numero è stato pubblicato ad agosto 2008. Poi ho trovato anche molti studi in arabo in cui gli autori si citano e si studiano a vicenda. 

AL: E’ possibile fare un paragone tra la fantascienza prodotta in arabo e quella delle altre lingue regionali (urdu, malese, persiano, turco, ebraico)? 
Non ne ho notizia in realtà. Me ne sono vagamente interessata in quanto fenomeno di letteratura post-coloniale, ma non ho guardato nell’ambito di questo Terzo Mondo. Anche qui, come per il mondo arabo, nelle zone di ritardo nello sviluppo la fantascienza arriva dopo e va inquadrata nel periodo del post-colonialismo e quindi con l’arrivo dell’industrializzazione. Quando ho parlato della proto-fantascienza, mi sono occupata del Poema Celeste del padre fondatore del Pakistan, Mohammad Iqbal, che ad un certo punto fa incontrare il sufi persiano Rumi con un dotto marziano! 

AL: Perché questo genere è di particolare interesse rispetto ad esempio alla letteratura fantastica, ai gialli o i thriller? 
Per me la fantascienza ha una marcia in più perché ha un valore “didattico”: nel senso che istruisce e ammonisce, ma soprattutto è un genere letterario di forte denuncia, cosa che per esempio la detective story non fa. Il romanzo noir lo è solo in parte. Anche il thriller è un genere nuovo però non vi leggo lo stesso livello di denuncia: questi autori parlano di qualcosa che già conosciamo e la denuncia avviene in maniera più aperta. Per me lettore è chiaro, non ho dubbi su quello che sto leggendo, mentre la fantascienza è più sottile. Gli autori fantascientifici usano invece degli schemi narrativi per dire “altro” che forse può sfuggire al lettore più disattento. È un genere che costringe a pensare di più, coinvolge di più. Inoltre con la fantascienza si abbattono, sempre sottilmente, molti tabù delle società islamiche, come ad esempio il sesso. Il signore venuto dal campo di spinaci di Sabri Musa, che è una distopia, affronta chiaramente il tema del sesso e lo fa in maniera abbastanza esplicita, ma che sfugge comunque ad una lettura disattenta. Ma molti di questi autori criticano aspramente la società. In un racconto fantascientifico scritto da al-Hakim, che si chiama Nell’anno del milione, lo scrittore immagina che l’uomo abbia perso tutte le sue prerogative umane: la riproduzione avviene in laboratorio, la decapitazione avviene tramite un “cambio” di testa. Naturalmente è facile immaginare come un personaggio importante come Tawfiq al-Hakim si sia servito della fantascienza come modo per protestare contro il regime dell’epoca, e soprattutto contro la pena di morte. 

Ea: Sono stati censurati questi romanzi? 
No, perché non si arrivava a capire cosa in realtà volessero dire. 

Ea: Pensi che come genere possa trovare un pubblico di lettori anche in Occidente? E in Italia? 
E' un genere che potrebbe davvero incuriosire e abbattere gli stereotipi che ancora ci sono sul mondo arabo. Per fortuna in parte questa fase è stata superata e adesso le pubblicazioni sull’argomento sono copiosissime. Per tornare alla tua domanda, vorrei che si traducesse qualche autore di fantascienza, e mi piacerebbe che Nihad Sharif avesse il suo giusto riconoscimento. Il vincitore del tempo potrebbe essere una buona scelta, anche se forse è un po’ datato, perché è stato scritto negli anni Sessanta. O lo scrittore yemenita, il suo Geografia dell’acqua è particolarissimo. 

Ea: Najib Mahfouz aveva detto che avrebbe voluto leggere più fantascienza in arabo, forse perché nella fantascienza c’è un collegamento molto forte con la società, la tecnologia e il progresso. Secondo te la fantascienza in arabo oggi può essere un modo per immaginare un futuro diverso?
Assolutamente. La fantascienza crea degli spazi dove il lettore può trovare riscontro sia delle sue paure nei confronti del progresso, che talvolta è minaccioso, ma offre anche un’ancora di salvezza. Dà la possibilità di intravedere la realizzazione di “altro”, la composizione di conflitti che nella realtà risulta difficile comporre, un’immagine del rapporto con l’altro, in questo caso l’alieno: nei romanzi all’inizio l’umano è sempre molto restio a stringere rapporti con lui perché è proprio il confronto con l’altro che spaventa. E qui forse gli autori vogliono mostrarci qualcosa a cui anche loro è stato soggetti, dunque il rapporto con l’Occidente, la necessità di abbattere tabù, i cliché. Nei mondi fantascientifici si immaginano rapporti che nella realtà non ci sono, possibilità di mondi e società futuri e utopici, regolati da giustizia e buon governo. Per me la fantascienza in arabo, più che legata al progresso, rappresenta un rifugio per il lettore, che magari si trova in una realtà dove la società che cambia lo travolge, però lui alla fine sa che questi sviluppi porteranno al meglio. Ma la fantascienza aiuta anche il lettore a rivedere anche gli errori che ha commesso: perché il progresso affascina e ti travolge, ma ti costringe anche a sgomitare per raggiungere il successo, a superare delle tue convinzioni e mettere in discussione i tuoi valori. Leggere in questi romanzi la proiezione di società future in cui si giunge a una disumanizzazione, a una perdita dei sentimenti e dei valori più puri, costringe il lettore a ripensare su quanto ha fatto e ad evitare di commettere gli stessi errori in futuro. Nihad Sharif parla del “valore vitale della fantascienza” e la definisce la “letteratura del futuro, uno spazio di condivisione”. Per lui era un mezzo per creare dibattiti su argomenti di importanza vitale e dare la possibilità di parlarne in una forma del tutto inedita. (Chiara Comito e Marcia L. Qualey) _________________________________ 
Ada Barbaro è assegnista di ricerca presso l’Istituto italiano di studi orientali della Sapienza – Università di Roma. Docente a contratto di Lingua e letteratura araba in diversi atenei, ha pubblicato traduzioni e scritto saggi sulla narrativa araba moderna e contemporanea.

Nessun commento:

Posta un commento