venerdì 28 marzo 2014

Editoriaraba - L’editoria per l’infanzia pubblicata in arabo che vince alla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna

Perché l’arabo non è solo la lingua in cui si scrive per gli adulti ma è anche la lingua in cui si scrivono libri per i bambini e ragazzi…

E alla Fiera di Bologna già se ne erano accorti qualche anno fa, quando il libro illustrato Tabati, di Nadine Touma, edito da Dar Onboz (Libano), aveva vinto nella categoria Opera Prima.

Intanto però all’ultima Fiera del libro per ragazzi di Bologna che si è appena conclusa, il libro illustrato Non aprire questo libro, con testi di Fatima Sharafeddine (autrice libanese per l’infanzia pluripremiata e molto rinomata) e con le illustrazioni dell’artista iraniana Fereshteh Najafi, edizioni Kalimat, Sharjah, EAU, ha ricevuto la “menzione” nella categoria New Horizons, dedicata agli illustratori (se ho ben compreso).

Il libro vincitore, per la cronaca, è stato La chica de polvo, testo e illustrazioni di Jung Yumi, Rey Naranjo Editores – Bogotà, Colombia.

Enrica Battista era a Bologna e ha raccontato sul blog di Arabook il libro di Sharafeddine-Najafi, un testo che ha come obiettivo, scrive Enrica: “quello di stupire l’immaginazione del bambino e di procuragli più fiducia in se stesso”. Continua su Arabook.

giovedì 27 marzo 2014

Editoriaraba - Se la censura saudita non ama la poesia

Articolo pubblicato su Arab media REPORT il 24.3.2014

Mentre noi in Italia il 13 marzo ricordavamo Mahmoud Darwish, in Arabia Saudita, alla Fiera del libro di Riyadh succedeva tutto ciò…

Sarebbe stata la crisi in corso tra Arabia Saudita e Qatar alla base della censura “senza precedenti”che ha colpito ben 10.000 copie di 420 libri alla Fiera internazionale del libro di Riyadh appena conclusa.

Una vicenda che nei giorni scorsi è stata ripresa dai più importanti quotidiani arabi e internazionali vista la mole dei libri confiscati e gli autori coinvolti, tra cui compare il nome del poeta palestinese Mahmoud Darwish.

La fiera di Riyadh è promossa dal Governo sotto gli auspici del Ministero per la Cultura e l’Informazione ed è per i lettori sauditi un’occasione culturale immancabile soprattutto per fare acquisti, data la cronica carenza di librerie di cui soffre il Regno. Come quasi tutte le fiere librarie arabe, anche quella di Riyadh non sfugge alla scure della censura, che opera per mano della solerte polizia religiosa, la cosiddetta “Commissione per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio”.

Ma quest’anno, come conseguenza della crisi politica in atto, la stretta della polizia religiosa si è intensificata, in netta controtendenza rispetto ai passi avanti che si erano registrati solo un anno fa. I primi a farne le spese sono stati proprio i testi dei Fratelli Musulmani, censurati a priori in quanto “minaccia per la sicurezza intellettuale del Regno”, secondo quanto dichiarato da Ahmad Al-Himdan, Presidente dell’Associazione degli editori sauditi.


Sorte più dura è toccata a Nawaf al-Qudaimi, co-direttore della casa editrice islamica saudita basata a Beirut, Al-Shabaka al-arabiyya li al-abhath wa al-nashr (La rete araba per la ricerca e l’editoria), che pubblica saggi sull’Arabia Saudita e l’Islam politico considerati innovativi e originali.

Due giorni dopo l’inizio della Fiera, al-Qudaimi, già dichiarato persona non grata, aveva trovato il suo stand completamente distrutto. 

Il Ministro della Cultura e dell’Informazione saudita, il Dr Abdulaziz Khoja, così ha commentato al quotidiano saudita Makkah: “Ogni casa editrice che trasgredirà le regole subirà lo stesso destino, perché la sicurezza del Regno è più importante di qualsiasi altra cosa e chiunque tenterà di destabilizzare la nostra integrità non sarà tollerato”, riprendendo un avvertimento che era stato lanciato dagli organizzatori della Fiera prima dell’inaugurazione, sull’eventualità che libri ritenuti contrari all’Islam, o considerati una minaccia per la sicurezza del Paese, potessero essere requisiti.

Continua su AmR!

Qualche link utile:

Ahram Online - I passi avanti della Fiera di Riyadh 2013

Makkah Online – Le dichiarazioni del Ministro della cultura saudita

Sabq.org – la notizia della confisca con foto

France 24 (arabo) – che dà la notizia della confisca di Darwish e di altri libri

Jadaliyya – dove Sinan Antoon posta la poesia “incriminata”

mercoledì 26 marzo 2014

Editoriaraba - Raja Alem e Salwa al-Neimi al Festival veneziano Incroci di civiltà

Primavera, tempo di festival culturali e a Venezia, dal 2 al 5 aprile torna il Festival di letteratura internazionale Incroci di civiltà, con tanti ospiti italiani e stranieri e diverse novità.

“Jhumpa Lahiri, Rita Dove, Carlo Petrini, Patrizia Cavalli, Peter Greenaway: sono questi alcuni dei protagonisti del fitto programma della settima edizione di Incroci di civiltà, Festival internazionale di letteratura a Venezia, promosso da Università Ca’ Foscari Venezia, Fondazione Venezia e dal Comune di Venezia, Assessorato alle Attività e Produzioni Culturali, con la partnership di Veneto Banca, The BAUER’S Venezia, AVA Associazione Veneziana Albergatori, Marsilio e Fondazione Musei Civici. Il festival, dal 2 al 5 aprile 2014, accoglierà ventidue scrittori provenienti da diciassette paesi, dall’Europa all’Africa, dal Vicino ed Estremo Oriente all’America Latina, una molteplicità di esperienze, lingue, culture e generi a disposizione di un pubblico di lettori appassionati”.

Per quanto ci riguarda, due sono gli appuntamenti che ci interessano e che si tengono entrambi all’Auditorium Santa Margherita, Cà Foscari (prenotazione obbligatoria):

3 aprile, h. 14.30 – la scrittrice saudita Raja Alem incontra Ida Zilio Grandi
Raja Alem è nata a La Mecca e vive tra Parigi e la sua città natale. Il suo romanzo Il collare della colomba, uscito da pochissimo per Marsilio (trad. dall’arabo di Maria Avino), ha vinto l’edizione 2011 del Premio internazionale per la narrativa araba.
Su editoriaraba potete trovare un’intervista con l’autrice pubblicata da Qantara.de e tradotta per il blog in italiano, in cui Alem parla della Mecca, delle sue fonti di ispirazione e dei suoi libri.

5 aprile, h. 9 – la scrittrice siriana Salwa al-Neimi incontra Gabrielle Gamberini
Salwa al-Neimi è nata in Siria ma vive in Francia. È autrice di uno dei libri più letti e discussi degli ultimi anni, La prova del miele (Feltrinelli, 2010, trad. dall’arabo di Francesca Prevedello), romanzo di formazione ai piaceri dell’erotismo narrato in prima persona da una donna. Il libro fece scalpore quando uscì per il contenuto e anche per il modo in cui è scritto. Non è un libro che piace a tutti. A me invece è piaciuto.
Di recente ha pubblicato La penisola araba, tradotto in francese da Laffont, un romanzo dedicato al tema dell’esilio e del ritorno.

Tutti e due gli incontri saranno trasmessi in streaming sul sito della Cà Foscari.
Se qualcuno va ad assistere e vuole scriverne per il blog, mandi un’email a editoriaraba@gmail.com

martedì 25 marzo 2014

"Operazione Acqua di Felce. Storia d'amore e di 'Ndrangheta", martedì 25 marzo, Roma

La Fondazione Biagio Agnes
presenta

OPERAZIONE ACQUA DI FELCE, 
Storia d’amore e di ‘ndrangheta
di

FRANCO MUSOLINO

Roma, martedì 25 marzo - ore 19.00 
Grand Hotel Parco dei Principi - Via G. Frescobaldi, 5

La Fondazione Biagio Agnes, presieduta da Simona Agnes, presenta il libro del Prefetto di Napoli Franco Musolino dal titolo Operazione Acqua di felce, edito da Metamorfosi.
Interverranno oltre all’autore il Prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro e il Vicedirettore del Tg1 Gennaro Sangiuliano.
Sarà presente inoltre l’attrice Isabelle Adriani che leggerà alcuni brani del libro.
Il romanzo ambientato nella Calabria degli anni sessanta, narra di una storia d’amore e di ‘ndrangheta vissuta tra le mura di Villalba, piccolo paese dell’Aspromonte sconvolto dalla notizia della morte di Paolo Grifo, giovane erede di una delle due più potenti famiglie mafiose del paese, ritrovato cadavere tra le felci.
L’indagine su una possibile faida familiare spetta al nuovo comandante della Stazione dei carabinieri, il Maresciallo Giuseppe Gatullo, costretto a condurre le difficili ricerche in un ambiente che non riconosce la legge ufficiale e che ripone fiducia nella sola giustizia, tradizionalmente imposta dalle Famiglie.
Una caccia all’assassino intrecciata al sentimento, al ricordo e al coraggio di una donna capace di manovrare da sola i fili di questo affascinante giallo.
Sangue e Passione hanno, dunque, ispirato Franco Musolino, calabrese d’origine oggi Prefetto di Napoli a parlare di una terra, la sua, ricca di meraviglie e di altrettanti problemi. Un romanzo coinvolgente che concretizza la volontà di chi esercita responsabilità istituzionali, di dar voce attraverso la scrittura all’impegno civile nella lotta alla criminalità organizzata.

Letteratura girovaga

Le avventure di Corto Maltese ad Orano, la città di Camus
Un viaggio nel viaggio

lunedì 24 marzo 2014

"Oltre gli Occhi" - Martedì 1 aprile, Milano

L'impegno di Renata Discacciati, intellettuale e scrittrice per dar voce alle donne della sezione femminile del Carcere di San Vittore a Milano


Lunedì 14 aprile "Chiamarlo amore non si può" - Fondazione 3M


Il Mediterraneo tra Oriente e Occidente - “Chiacchiere, datteri e thé” di Ilaria Guidantoni e “Forward” di Ali Hassoun, Firenze 21 marzo 2014

Il Mediterraneo tra Oriente e Occidente. Dialogo tra immagini e parole “Chiacchiere, datteri e thé” di Ilaria Guidantoni e “Forward” di Ali Hassoun, 21 marzo 2014, Firenze, Palazzo Bastogi

Con l'artista libanese Ali Hassoun

Con l'artista libanese Ali Hassoun e Cinzia Sesitini
del Consiglio Regionale Toscana

Editoriaraba - Muhammad Aladdin: “La scrittura è un drago verde con i baffi viola”

Oggi su editoriaraba c’è un post speciale: perché per la prima volta presenta un autore sconosciuto in Italia di cui potete leggere la traduzione in italiano inedita di un suo racconto, tradotto dall’arabo da Barbara Benini.

L’autore del racconto è Muhammad Aladdin, classe 1979, nato al Cairo, scrittore e sceneggiatore freelance che ha all’attivo già cinque romanzi (l’ultimo pubblicato da poco dalla casa editrice Dar el-Ayn: video della presentazione al Cairoestratti in arabo dal romanzo) e tre raccolte di racconti.

Il suo primo romanzo, pubblicato nel 2006, dal titolo Il Vangelo di Adamo, gli ha guadagnato il riconoscimento di scrittori del calibro di Baha Taher, Sonallah Ibrahim e Mohammed Berrada, che ha annoverato Il Vangelo di Adamo tra le cinque opere che hanno rinnovato il romanzo arabo. “Nel 2011 Aladdin è stato definito dalla rivista Akhbar al-Adab come uno dei più importanti scrittori egiziani del nuovo millennio e secondo lo scrittore Pauls Toutonghi, su The millions.com, è uno dei “Six Egyptian writers you don’t know but you should“. Suoi racconti brevi sono stati tradotti e pubblicati in inglese e in russo.

Prima di leggere “La voce”, contenuta nella raccolta Giovane amante, Nuovo amante (in araboالصغير و الحالي), pubblicata dalla casa editrice indipendente Dar Merit nel 2012, il blog pubblica una breve intervista all'autore:

Iniziamo dal nome del tuo blog, che è: “La scrittura è un drago verde con i baffi viola”. Come mai gli hai dato questo nome? E cosa significa scrivere per te?
Sì è un nome divertente, vero? Quello è il mio blog personale, l’ho cominciato per motivi personali ma in gran parte è dedicato alla scrittura. Quanto al titolo, mi è venuto in mente per caso, mi è piaciuto e ho voluto chiamare il blog così. Immagino che rappresenti quel tipo di sensazione che dà scrivere, un qualcosa che non ha regole e che non si può descrivere completamente o cogliere nella sua totalità.

Scrivi ormai da 14 anni: come è cambiato il tuo modo di scrivere negli anni? La rivoluzione egiziana e gli eventi socio-politici degli ultimi 3 anni ti hanno in qualche modo influenzato?
Ho cominciato nel 2000 scrivendo pezzi satirici e poi c’è stata una prima svolta nel 2003 con “L’altra banca”. Però per me ogni cosa che scrivo è diversa: ha un suo modo di essere, un suo linguaggio, un suo livello. Tutti i miei romanzi e le mie storie sono diversi tra loro. È difficile quindi dire se la rivoluzione ha cambiato il mio modo di scrivere perché io stesso cambio ogni volta che scrivo qualcosa di nuovo.

La casa editrice Dar el-Ayn ha appena pubblicato il tuo ultimo libro. In un’intervista con Marcia Qualey sul suo blog hai detto che ami i personaggi di questo libro perché “Hanno qualcosa che te li fa ricordare anche dopo aver finito il libro”: ci spieghi che significa?
I personaggi di questo libro hanno qualcosa di diverso, danno l’idea di come la realtà possa essere davvero assurda. Un critico di recente ha detto che gli sembrano tutti schizofrenici ma per me chiamarli così sottintende che in questo mondo esiste la normalità, nel senso classico del termine, che invece secondo non esiste. Però i personaggi del libro fanno ridere, ti mostrano spesso dei lati diversi del Cairo ad esempio. In letteratura in generale i personaggi sono fondamentali e spero che i miei siano all’altezza.

Parliamo del tuo racconto “La voce”: chi o cosa è la voce? Esiste davvero nella mente del protagonista o è una metafora che ci vuole dire altro?
In letteratura teoricamente ci dovrebbero essere diversi livelli di significati, che non vanno confusi con i vari messaggi che il testo vuole convogliare. Il primo di questi livelli è il più importante: se tu leggi la storia di quest’uomo che sente una voce nella sua testa e ti piace, bè allora ti dico, io sono davvero, e senza ombra di dubbio, più che soddisfatto.

Chi sono i tuoi riferimenti letterari, gli scrittori e/o le correnti letterarie e perché?
Uhm, non so parlarti di “riferimenti” ma posso dirti chi sono quegli autori che amo leggere, e sono tantissimi, talmente tanti che ho paura di menzionarne solo alcuni e di dimenticarmi degli altri. Però se parliamo di gusti, devo dire che apprezzo ogni genere con le sue regole: si può amare Kafka, Marquez, Cortazar e Bulgakov e allo stesso tempo adorare Dostoevskij, Fitzgerald, Steinbeck e Boll. Per non parlare di Faulkner e della capacità di Hemingway e Saramago di farti apprezzare tutte le tonalità di una lingua. O della differenza tra Eliot e Joyce da una parte e Auden e Richard Yates dall’altra, dove leggere diventa un piacere infinito.
E infine, mi piacciono moltissimo Buzzati e Calvino: Il deserto dei tartari e Un generale in biblioteca sono tra le cose che mi piace rileggere spesso qui e là.

Sei molto giovane eppure la tua produzione è già molto vasta: c’è la letteratura nel tuo futuro o vorresti dedicarti a qualche altra cosa più in là?
Mi piacerebbe fare il filosofo da cabaret oppure essere Garfield, per stare sempre acciambellato comodamente su una poltrona. Quella sì che sarebbe una vita gratificante, o almeno immagino.

***

La Voce

di Muhammad Aladdin

Traduzione dall’arabo di Barbara Benini

Come tutti i profeti, e gran parte dei pazzi, iniziò a sentire una voce, dal tono sicuro, che gli parlava. Quando le profezie raggiunsero un certo grado di affidabilità, la voce era ormai diventata parte della sua routine, un’abitudine. Della follia crescente, invece, non fece mai parola con nessuno.

All’inizio si preoccupò, pensando di meritarsi un posto in una buona struttura psichiatrica e per un po’ fu assillato da quest’idea, ma poi, confortato e rassicurato dai ricordi, si convinse che chi più, chi meno, abbiamo tutti bisogno di un posto in una qualche struttura psichiatrica.

La mattina, si abituò a non rispondere al saluto della Voce per evitare di incappare negli occhi sospettosi della moglie che, un giorno, con noncuranza, gli aveva detto che non c’era nulla di strano se uno parlava da solo e applicò la stessa regola con i colleghi e gli amici con cui si sedeva al caffè.

Provò a prendersela comoda mentre se ne stava chiuso in bagno e si mise a discutere con la Voce della filosofia di vita che gli esponeva, che a dire il vero meritava di essere presa in considerazione. Tuttavia, quando si rese conto che uno dei suoi figli avrebbe potuto udire la conversazione – che deve essere per forza durata molto, dopo quel lungo silenzio – con uno sforzo sovrumano cercò di non risponderle.

La Voce suonava così familiare, così calma e virile; fu sul punto di credere che si trattasse di suo padre, sebbene di carattere non fosse mai stato un tipo particolarmente calmo. Cercò di concentrarsi sulle frasi insolitamente lunghe. Spesso la Voce diceva cose che avevano un che di familiare: in ogni suo racconto o memoria del passato, poteva ritrovare se stesso o la sorella, che suo padre aveva così tanto amato; o lo zio, che si logorò assieme al fratello in dispute senza senso; o sua madre e la complicata vita matrimoniale dei suoi genitori. Tra loro, come per ogni coppia sposata, era impossibile capire bene dove finisse l’odio e dove invece iniziasse l’amore. Tuttavia, non ci fu nulla da fare: come unico risultato della profonda concentrazione, ottenne di versarsi addosso il tè bollente, finendo così per suscitare qualche sorriso malizioso tra i colleghi, che avevano notato la macchia umida sulla patta.

La Voce parlava di cose che, se pur semplici, gli parevano essere le più importanti.

La storia delle biciclette, per esempio: questi cerchi che vanno in giro uno dietro l’altro, il chiacchiericcio dei perni con i cerchioni, le loro ombre, che il più delle volte seguono la ruota, la catena che avvolge la corona, mossa dai pedali. E come l’essere umano sia più evoluto del leone, dato che il re della giungla non conosce le biciclette. Ci fu pure una viva discussione in proposito che, come era ovvio che fosse, fu a caro prezzo: il suo capo andò su tutte le furie, quando lesse nel suo ultimo rapporto che uno dei dipendenti era “un pedale” e lo rimproverò per l’eccessiva rudezza con cui aveva trattato, in un documento ufficiale, un collega.

Comunque la Voce non parlò mai di una relazione familiare né mai vi accennò, ma lui continuò a chiedersi se si trattasse del padre, che finalmente aveva trovato un po’ di tranquillità. Si disse che questa Voce sembrava molto più scaltra e provò un certo imbarazzo ad ammettere che il genitore, solo dopo la morte, aveva trovato pace e saggezza.

E così visse più sollevato, se pur immerso nei debiti contratti per comprare a rate una nuova automobile, cosa di cui il figlio maggiore fu, almeno inizialmente, e per motivi che possiamo comprendere, molto felice. Almeno fino a quando non capì che suo padre non passava un minuto del tempo libero al di fuori della nuova auto. Si accollava volentieri l’onere che comporta possedere una macchina in un quartiere piccolo borghese. Prese a occuparsi di tutte le commissioni di parenti e amici, pagava le rate e il carburante, pur di essere lasciato ogni giorno solo, in compagnia della Voce, sicuro che a quel modo non avrebbe mai più scritto “pedale” in un documento ufficiale, né si sarebbe versato altro tè bollente sulla patta dei pantaloni.

A dirla tutta, la moglie iniziò a guardare con sospetto a queste lunghe e frequenti assenze e così si mise a frugargli nelle tasche, a controllargli le chiamate e i messaggi del cellulare ma, sebbene qua e là avesse scovato il nome di qualche donna, non trovò mai niente di sostanziale e come era naturale che fosse, cominciò a vagliare altre possibilità. Forse si era messo a fumare hashish. La stessa cosa che doveva aver pensato il poliziotto che si era trovato davanti un cinquantenne, che gesticolava e parlava da solo, seduto al volante della sua macchina, parcheggiata in una via laterale. Quando gli aveva chiesto di favorire i documenti, aveva capito che l’uomo era del tutto sobrio ed era rimasto veramente di stucco, ma aveva dovuto lasciarlo andare, senza fargli niente.

Alla fine la moglie, stanca di fingere, l’aveva affrontato di petto: “Si può sapere che diavolo fai, quando sparisci con la macchina?”

L’uomo, come ogni impiegato di basso livello e con una certa anzianità di servizio, trovò difficile rispondere a una domanda formulata in un modo così diretto. “Me ne sto là fuori, seduto a pensare!”

Naturalmente questa sua risposta divenne una sorta di sfottò, che lo perseguitò per il resto della vita: usato dal figlio maggiore, sicuramente per vendetta; narrato con divertimento dalla moglie ai suoi amici e pure lui se lo ripeteva tra sé, per riderci su. Tuttavia non permise mai a questa storia di avere la meglio, durante le lunghe conversazioni con la Voce, Voce che, ormai, aveva preso il controllo su di lui, fungendo da lente d’ingrandimento sulla vita e offrendogli una chiara e comprensibile prospettiva. Ad esempio Magdy, il suo collega, morto in una maniera così assurda. Gli venne addosso un furgone, mentre stava attraversando la superstrada, per andare al lavoro e non si fece nulla: qualche graffio e pochi lividi. Ebbene, mentre stava sorseggiando il succo di canna da zucchero, che si era concesso per ringraziare Dio di quanto era stato compassionevole e misericordioso con lui, si concentrò così a fondo su questo pensiero da non prestare attenzione a come il succo gli scendeva in gola, così si soffocò e morì. La Voce gli disse che il modo in cui era morto, riassumeva l’essenza di Magdy: era stato un uomo così semplice che non c’era voluto un pesante furgone per ucciderlo. E così aveva capito chi fosse veramente Magdy, solo dopo la sua morte.

Dunque, quando la Voce decise, un giorno, improvvisamente, di sparire, ne fu visibilmente turbato.

In principio ridusse la durata dei suoi interventi poi, per un giorno intero, non si fece sentire. Si faceva viva di tanto in tanto, il tono gradualmente si smorzava, i silenzi, tra una frase e l’altra, si allungavano, finché improvvisamente si interruppe, lasciando una frase a metà, mentre lui se ne stava seduto sul terrazzo ad ascoltarla, circondato da dei parenti che erano venuti a trovarlo. Cercò di mascherare l’ansia, ma si ritrovò a sbraitare contro la moglie, perché non gli aveva messo lo zucchero nel tè. Gli ospiti non compresero e così sua moglie, che non trovò mai una ragione a quel lento declino e non capiva perché si chiudesse sempre nel suo studio, appena tornava dall’ufficio. Sua moglie non seppe mai perché lasciò il lavoro per starsene sdraiato sul letto, come un macigno, senza aprir bocca, senza rispondere al tocco della sua mano (ma ne fu felice il figlio maggiore, che poté prendere la macchina ogni sera).

Quando la moglie trovò le pillole di sonnifero, non riuscì a spiegarsi perché mai suo marito le usasse, semplicemente perché non sapeva di una voce, che un tempo gli era stata amica e poi si era placidamente dileguata, per tornare, vibrante, nel sonno. E infatti l’uomo doveva andarla a cercare ogni notte, provando ad allungare quei momenti, solo per tornare a rivedere il mondo come lo vedeva con la Voce. Iniziò ad alzarsi dal letto solo per vagare, intontito, alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti, per mantenersi in vita o per liberarsi l’intestino e poter ritornare al suo prolungato viaggio.

Poi venne il giorno in cui il sonnifero lo cullò in un sonno ancora più lungo, smise di bere e mangiare e cominciò a fare i bisogni nel letto. Ciò che sconvolse sua moglie non furono le feci e l’urina che sporcavano il corpo del marito, ormai magro come uno stecchino, né la barba incolta o i piedi screpolati. Ciò che maggiormente la sconvolse fu quel sorriso felice, un ampio sorriso, sinceramente felice, che aleggiava sul volto del suo cadavere.

Editoriaraba - Adonis a Napoli con il suo “Concerto per il Cristo velato”

Martedì a Napoli, Museo Cappella San Severo

Martedì 25 marzo, ore 21.00, si terrà lo spettacolo Concerto per il Cristo velato con il poeta siriano Adonis, accompagnato dalla musica del Francesco D’Errico Trio e dalla voce di Fawzi Al Delmi.

Adonis, il cui nome è stato fatto più volte tra i papabili al Premio Nobel, interpreta i suoi versi rivolti a Napoli e al Cristo velato in una performance dove poesia e musica si fondono, grazie al contributo del trio jazz con Francesco D’Errico al pianoforte, Marco de Tilla al contrabbasso e Dario Guidobaldi alla batteria. Alla musicalità della voce di Adonis fa inoltre da contrappunto, nella versione italiana, il poeta e pittore Fawzi Al Delmi, traduttore ufficiale di Adonis in italia.

La traduttrice ufficiale di Adonis in Italia è Francesca Maria Corrao, a cui (tra l’altro) il poema Concerto per il Cristo velato è dedicato.

La poesia è contenuta nella raccolta Ecco il mio nome, a cura di F.M. Corrao, Donzelli, 2009 e comincia così:

"Volavano le vie di Napoli, come mai vidi altrove. Lunedì,

diciotto febbraio dell’anno corrente 2002. Volevo

arrivare all’aeroporto, temendo di smarrirmi o perdere

l’aereo, come m’avviene sovente.

Avevo a un tempo il desiderio struggente di vedere il Cristo velato

di Sanmartino  quanto ho ammirato l’abilità sensibile

che rivela il dolore del Cristo – perfetta, come mai nessuna

arte era riuscita prima. Un’onda in forma di scultura

e l’acqua fazzoletto increspato trasparente tra le pieghe tutte

nel descrivere il dolore narrano il corpo:

L’agonia è questo corpo". 

venerdì 21 marzo 2014

"Noi ancora una volta" di Marie Thérèse Taylor

Giovedì, 20 Marzo 2014 Adele Maddonni

Cinque amiche alla soglia dei cinquant’anni che si conoscono dai tempi del liceo; un appuntamento fisso per ritrovarsi ogni anno, lo stesso giorno nello stesso posto, a Roma, per raccontarsi cosa sta succedendo nelle loro vite; un incidente che impedisce a una di loro di partecipare alla riunione e la costringe a letto in coma; l’idea delle altre quattro di stimolarne il risveglio riunendosi tutte al suo capezzale raccontandole storie e facendole ascoltare musica. Questi sono gli ingredienti del divertente esperimento letterario di Marie Thérèse Taylor, una sorta di Decameron contemporaneo, tutto al femminile, che si snoda attraverso un prologo, quattro giornate di racconti e un epilogo, intervallando storie e musica, intrecciando il piano della cornice narrativa e quello dei racconti che animano le varie giornate.

Marie Thérèse, Francesca, Angelica, Roberta e Margherita sono amiche fin dai tempi del liceo, i fantastici anni Settanta in cui hanno condiviso sogni, speranze, ideali, desideri di emancipazione femminile e lotte politiche. Ormai prossime al traguardo dei cinquant’anni, divise inevitabilmente dal percorso che la vita di ognuna ha intrapreso, continuano comunque ad incontrarsi ogni anno, lo stesso giorno nello stesso posto, il Caffè Trombetta a Roma, per condividere le loro storie, raccontarsi quello che succede, le novità. Quando vengono avvertite che Margherita ha avuto un grave incidente e si trova in coma, le altre si precipitano in ospedale al suo capezzale e su consiglio del dottore, cercano di stimolare l’amica a risvegliarsi, parlandole e facendole ascoltare musica nelle ore notturne, quando non potranno essere presenti.

Marie Thérèse, scrittrice, propone alle amiche di dare vita ad una sorta di Decameron, in cui ognuna di loro dirigerà una giornata, scegliendo un tema su cui saranno incentrate le storie che a turno ciascuna racconterà. La musica sarà un ulteriore stimolo e farà da supporto, come una sorta di colonna sonora, ai racconti che animeranno le varie giornate. 

La recensione integrale su Saltinaria.it

Al via Le Salon du Livre de Paris: dal 21 al 24 marzo il grande evento dell’editoria europea

 Tra i 200mila visitatori, 35mila bambini, alunni e studenti, 30mila professionisti, 1.200 espositori,  500 stand, 3500 biblioteche, 3500 autori

Anche l’Italia partecipa al prestigioso evento: sarà presente l’artista romano Roberto Di Costanzo, per raccontare Roma e Parigi attraverso chine e illustrazioni 

Si inaugura oggi Le Salon du Livre de Paris, sino al 24 marzo, uno dei principali eventi al mondo nel panorama delle Fiere e Fiere internazionali dedicate al libro e all’editoria. Punto di partenza per tutti coloro che fanno parte della catena del libro, dagli autori ai lettori, con un incontro che coinvolge editori, agenti, stampatori, librai, media, istituzioni e associazioni. Una kermesse esclusiva  che dal 1981 affianca i professionisti al grande pubblico per festeggiare libri e lettura.

Con quasi 200mila visitatori ogni anno, la Fiera del Libro è l'unica in Francia a fornire un certificato di partecipazione. Nella fattispecie, 35mila i bambini presenti, alunni e studenti, 30mila professionisti, 1.200 espositori,  500 stand, 3500 biblioteche, 3500 autori e rappresentanti dei media provenienti da tutto il mondo. Ideato e realizzato dal Sindacato Nazionale dell’Edizione, il Salone di questo 2014 riceve l’Argentina in qualità di ospite d’onore e festeggia il centenario dalla nascita di Julio Cortazar.

Anche l’artista e illustratore romano Roberto Di Costanzo sarà presente durante l’importante evento europeo, presso lo stand D80, Padiglione 1, Paris Porte de Versailles, Boulevard Victor, Paris 15 ° . Qui  racconterà il suo libro illustrato per Editions Nomades, “Roma” (uscito in Francia, Belgio e Svizzera) dopo il successo dell’ esposizione di Parigi presso l’Espace Pierre Cardin, su invito del Maestro Pierre Cardin (patrocinio dell’Ambasciata italiana), l’esposizione presso la Casa dell’ Architettura di Roma (patrocinio dell’ordine degli architetti di Roma) e
l’istituto di cultura francese “ Centre Saint Louis” (patrocinio di Pierre Cardin). Nel viaggio onirico che unisce la città esistente e quella narrata dal gusto dell’ infanzia, incontriamo i bambini su dei ballons rouges in volo su Roma, alla scoperta di nuovi scorci su cui fantasticare.

“Un viaggio per sognare ad occhi aperti, nel cuore dell'architettura colossale di Roma – spiega l’artista e illustratore Roberto Di Costanzo - Attraverso funamboli e giocolieri si vola riscoprendo l'immensità di questa città dalle mille statue. Un viaggio dall’Eur al Colosseo, addestrato con gioia in tutta la città. Perdetevi nella contemplazione dei monumenti delle sue strette strade. Stregati dalla poesia di questa passeggiata, per sognare di prendere una manciata di palloncini rossi e volare verso un paese immaginario”.

La Roma raccontata solo per immagini porta lo spettatore a rivivere con passione le rovine imperiali, la teatralità barocca sino alla linearità fascista. In ogni tavola incontriamo l’esigenza di un sogno adulto che si deposita sul marmo di una città colta nella sospensione di un tempo immaginario. Una Roma diversa e nostalgica, forse lontana, i cui tratti a china sposano una raffinata ricerca dell’ animo umano, costante viva nella produzione dell’ artista visivo che descrive paesaggi intangibili, ancora una volta a rappresentare l’ eccellenza italiana nel mondo.

L’artista è disponibile per le dediche anche per il suo volume Nina e Paris, di Paolina di Sturni, che rappresenta Parigi sublimata attraverso gli occhi di un turista. Roberto Di Costanzo gioca con eleganza, raffinatezza ma anche fantasia, per riscoprire l'atmosfera e l'architettura di Parigi . Cartoline simbolo della città  e luoghi famosi intrisi di nostalgia e fascino, ci conducono al cuore dei suoi luoghi più belli e intensi. In questa raccolta di dipinti in inchiostro, ogni pagina deve essere valutata solo ed esclusivamente unita alle altre per realizzare un viaggio eterno.

Roberto Di Costanzo. Ritrattista, illustratore, pittore, docente di storia del costume. Dopo l’ Accademia di Belle Arti di Roma indirizzo scenografia teatrale, spinto dal grande amore per il teatro, accede al prestigioso Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, dove seguito dal Maestro costumista Piero Tosi, suo mentore, e dallo scenografo  Andrea Crisanti, si diploma in scenografia, costume ed arredamento per il cinema. Contemporaneamente cresce il suo interesse per l’ illustrazione che lo porterà a lavorare su progetti editoriali di rilievo tra i quali “L’ Amore non ha fine” di Francesco Freda (Edizioni Azimut), “ Il Canto di Natale “ di Charles Dickens (Edizioni Azimut), “Fiabe di Alenuska” ( Editioni Azimut), “Il Rifugio” di Marco Caputo ( Nicodemo Editore) ,” Roma” ( Editions Nomades), e “ Nina et Paris” di Paolina Sturni (Editions Nomades), gli ultimi due ,in uscita in Francia, Svizzera e Belgio. Dopo numerose mostre personali in Italia, su invito del Maestro Pierre Cardin espone presso l’ Espace Cardin a Parigi, presentandosi al pubblico francese nella veste di illustratore e ritrattista. Da qui l’ ascesa  e l’ esposizione presso la Casa dell’ Architettura di Roma, l’ Istituto di cultura francese ( Centre Saint Louis) e  l’ interesse crescente nel collezionismo parigino. Le sue opere grafiche figurano in collezioni private tra Roma e Parigi e nelle prestigiose gallerie: “Galerie Maurizio Nobile” ( Parigi- Bologna); “Galerie du 9e Art” ( Parigi). Attualmente è docente di storia del costume 
all’Accademia del Lusso di Roma. Conduce inoltre seminari di disegno  e pittura e insegna Storia del Costume all’Accademia del Lusso di Roma.

“Sole a Teheran” di Fereshten Sari

Giovedì, 20 Marzo 2014 Ilaria Guidantoni

Un romanzo di iniziazione, un romanzo della memoria, un romanzo verità. E’ tutto questo, ma non solo e non necessariamente “Sole a Teheran”. L’Iran e ancor più la sua capitale sono onnipresenti, come il fantasma dello Sha, la rivoluzione ‘culturale’, le persecuzioni, gli studenti infervorati e puniti dal regime, il mito del comunismo che tramonta, la fede che anima i cuori e poi li distrugge, la condanna velata di ogni potere che quando si incardina diventa oppressione.

Il testo è un affresco dei costumi che cambiano a partire da quei particolari di quotidianità che dicono molto di una società: cosa mangia, come si veste, il fazzoletto colorato o l’hejab e che poi diventa nero o al limite blu; la musica che si tace; i programmi televisivi che annullano l’intrattenimento e ad un certo punto ricominciano, da Pinocchio. E ancora i libri, proibiti, bruciati, ammassati nelle discariche per non incorrere in pericolo. La censura e la paura che cambia gli animi, le relazioni e perfino gli amori, mutilandoli.

Il libro è anche la storia di due amiche, protagoniste della storia. Lo stile piano dà una certa leggerezza e quasi distacco alla vicenda, come se la vedessimo passare sullo sfondo, nel suo tormento con un velo di malinconia. Sono trent’anni di vita, centrali, nella storia delle protagoniste, cruciali per l’Iran, attraversato da due rivolgimenti e dalla guerra con l’Iraq di Saddam Hussein e attraverso una serie di feedback, si oscilla da ieri a oggi, dal quel 1978, anno spartiacque – così ben descritto da Ryzard Kapuscinskij in “Sha-in-sha” – al 2009, alla contemporaneità dove protagonisti sono i new media e gli adolescenti che stanno attaccati ai cellulari e a ogni sorta di ritrovato tecnologico per restare in rete. Trent’anni che attraverso i figli delle protagoniste appaiono così lontani e pure così vicini: la passione, il disagio, l’emozione e l’entusiasmo che non cambia anche se viene declinato in modo diverso di un’età fluttuante, tormentata, che ha tutta la vita davanti, l’adolescenza. “Sole a Teheran” è un inno sommesso all’adolescenza perché quando la si vive non ci si accorge del sapore che resta dentro e forgia quegli adulti che diventiamo, come Setareh, attivista politica che nella vicenda dell’incarcerazione del figlio per ‘disobbedienza’ politica rivive la propria passione, ma dall’altra parte della barricata.

La recensione integrale su Saltinaria.it

Ali Hassoun e Ilaria Guidantoni - Venerdì 21 marzo 2014 ore 16, Firenze


Venerdì 21 marzo 2014 ore 16
in Palazzo Bastogi – Sala delle Feste
Via Cavour n. 18, Firenze

Finissage della mostra   
"Forward"

Dopo i quadri dell'umanità di Ali Hassoun nel segno della ricchezza della differenza…


Proiezione del film documentario
“Meridiani. Pontedera una città in movimento”
di Tommaso Cavallini

Nei fotogrammi del suo lavoro, il giovane regista racconta l’interculturalità come esperienza di vita e di vitalità, l’immigrazione come opportunità, e dà voce a chi è arrivato da lontano, reinventandosi.

A seguire, alle 17.30 presentazione del libro
“Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia”
di Ilaria Guidantoni


Il libro di Ilaria Guidantoni, finalista per la saggistica al Premio letterario nazionale Contemporanea d’autore 2014, è un viaggio in una società che cambia di cui l’autrice racconta sentimenti, sogni e speranze. Sullo sfondo, la bellezza di una terra e il suo richiamo millenario. Un ritratto di Tunisi e della società tunisina a tre anni dalla rivoluzione del gennaio 2011, con le sue contraddizioni, ma anche la sua capacità di sedurre la cultura europea. Dalla lettura della recente nuova Costituzione tunisina alle elezioni presidenziali algerine previste per il 17 aprile 2014, in un andirivieni di moti di rivolta, aperture, assestamenti, ritrosie e scontri che stanno ridisegnando il 'mare bianco di mezzo' come un grande laboratorio per mettere in discussione la democrazia moderna e la cultura classica occidentale. Il libro  segue questo andamento in una tessitura di incontri-narrazioni, intrecciandosi con quello delle arti e della cultura in generale.

martedì 18 marzo 2014

Il Mediterraneo tra Oriente e Occidente. Dialogo tra immagini e parole - Venerdì 21 marzo 2014, Firenze

Venerdì 21 marzo 2014       
Firenze, Palazzo Bastogi - Salone delle Feste via Cavour, 18
Dalle ore 16.00
Il Mediterraneo tra Oriente e Occidente  Dialogo tra immagini e parole
“Chiacchiere, datteri e thé” di Ilaria Guidantoni e “Forward” di Ali Hassoun


Palazzo Bastogi, sede del Consiglio regionale della Toscana a Firenze, in occasione del finissage della mostra personale dell'artista libanese Ali Hassoun, “Forward”, promossa dalla Regione Toscana e dal Comune di Pontedera, la presentazione di "Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia" (Albeggi Edizioni) di Ilaria Guidantoni, finalista per la saggistica al Premio Letterario Nazionale Contemporanea d’autore 2014.

Il 2014, anno del Mediterraneo, promuove il dialogo tra Oriente e Occidente, tra sponda nord e sud, tra femminile e maschile tra religioni e culture diverse nel segno della ricchezza della differenza, con un lavoro che continua dalla lettura della recente nuova Costituzione tunisina alle elezioni presidenziali algerine previste per il 17 aprile 2014, in un andirivieni di moti di rivolta, aperture, assestamenti, ritrosie e scontri che stanno ridisegnando il 'mare bianco di mezzo' come un grande laboratorio per mettere in discussione la democrazia moderna e la cultura classica occidentale fino alla stessa Europa costretta a ripensarsi a partire dalle proprie origini. Il viaggio della scrittrice segue questo andamento e si intreccia con quello delle arti e della cultura in generale in una rete di voci.


Il percorso espositivo dà seguito alla Mostra Antologica dell'artista “Al Shaab Yurid... ” (Il popolo vuole...) tenutasi lo scorso anno al Muso Piaggio di Pontedera e al percorso di integrazione tra i popoli. Il tema più evidente fra quelli che emergono nella sua ricerca pittorica è un’idea di “umanità” come qualità universale e comune fra tutti i popoli, fondata su una spiritualità originaria che precede le diversificazioni religiose e politiche. Così l’artista si fa interprete di culture diverse ma confrontabili, che convivono nello spazio perfettamente orchestrato delle sue tele coloratissime. I personaggi della recente “rivoluzione dei gelsomini” o di un’Africa tanto vissuta, quanto favolosa e immaginata, nelle sue composizioni sono tutti catturati in un gioco di citazioni colte e di rimandi indiretti  tra figura e sfondo. Le persone comuni sono “Heros”, gli eroi della contemporaneità, che portino la “keffia” della primavera araba o vestano “Made in Italy”. Come dice l’artista stesso: “Forward è un ulteriore passo avanti su un percorso fluido attualmente in corso sulla strada dell’affermazione di una volontà di libertà e nella speranza e fiducia negli esseri umani per l'autodeterminazione del proprio destino”.

venerdì 14 marzo 2014

"La conchiglia" I miei anni nelle prigioni siriane, di Mustafa Khalifa

Mercoledì, 12 Marzo 2014 Ilaria Guidantoni

Un libro doloroso, una confessione lunga tutto il racconto, una narrazione spietata per la sua delicatezza che cozza contro l’atrocità, la perversione umana priva di qualsiasi senso, almeno nell’idea generale che si dà alla parola senso. Dall’incredulità per un errore giudiziario, per dirla con un eufemismo, all’ineluttabilità del male che colpisce senza riguardo, ad un calvario che sembra senza fine. Una scrittura piana, intrisa di profonda umanità ma quasi distaccata, filtrata dalla memoria che anestetizza per sopravvivere. E’ un libro che non può essere descritto con le categorie letterarie, difficile anche da consigliare. Non si tratta di una lettura quanto di un itinerario spirituale, un esercizio dentro la sporcizia dell’uomo, dentro il coraggio di una persona che non si sente un eroe, ma che spaesato vuole solamente restare solo ed essere lasciato in pace. Una testimonianza che diventa una riflessione su noi stessi, sull’umanità, le sue capacità grandiose e i suoi abissi, nella consapevolezza che non c’è limite al male e che la stirpe degli aguzzini non morirà.

Ho letto questo libro per curiosità, per interesse e per aprirmi un mondo che non conosco né in modo diretto né mediato, quello della Siria. La presentazione alla Fondazione Dante Alighieri di Roma mi ha offerto l’occasione di un primo approccio, con la figura discreta dell’autore che ha parlato solo in arabo, con una voce calda e pacata, ed uno splendido accento. Avendo letto la sua biografia, mi chiedo oggi perché non abbia parlato in francese, per quanto l’arabo sia la lingua della sua terra e della sua scrittura. E’ difficile raccontare questo testo che, malgrado la crudezza, soprattutto della prima parte, il senso di soffocamento e di sopraffazione che si vive dalla parte della vittima, invita il lettore ad andare avanti, ma non spinge alla morbosità né travolge; lascia semplicemente che sia.

Nelle prime decine di pagine ho sentito lo sforzo di compiere un esercizio spirituale interiore faticoso e doveroso, il rendere omaggio alla memoria e alla testimonianza dell’ingiustizia subita. E’ un carico duro da sopportare e non mi sento di consigliarlo o di suggerirlo, ma di testimoniarlo a mia volta perché non credo si possa invitare, tanto meno obbligare qualcuno, alla preghiera o al digiuno o alla penitenza. 

La storia è esigua nella trama, partendo da Parigi dove un giovane Mustafa Khalifa lascia la donna che ama e che vorrebbe sposare per rivedere il proprio paese, ignaro forse del pericolo al quale va incontro malgrado sia messo sull’avviso. Un errore, una soffiata per inezie, forse una battuta, una frequentazione sbagliata, per altro in terra straniera, in Francia appunto, lo condanna, lui cristiano e ateo, con l’accusa di essere vicino ai Fratelli Musulmani avversati dal Regime siriano. 

La recensione integrale su Saltinaria.it

Premio Gutenberg 2013 al Festival delle storie

Con "Tunisi, taxi di sola andata" abbiamo partecipato all'edizione 2012; con "Chiacchiere, datteri e thé" all'edizione 2013

Speriamo di continuare il viaggio con il femminile nel Mediterraneo, in compagnia di Chéhérazade e "Chiamarlo amore non si può", con Il potere delle donne arabe, per annunciarne l'uscita, alla scoperta delle donne di Algeri nei loro appartamenti

L’Associazione Italiana del libro assegna il premio Gutenberg 2013 al Festival delle Storie 2013 www.festivaldellestorie.org

L’Associazione Italiana del Libro ha assegnato i Premi Gutenberg 2013 alle 50 migliori iniziative di promozione del libro e della lettura realizzate nel corso del biennio 2012-2013 da comuni, scuole, biblioteche e associazioni culturali, e fra queste vi è anche Il Festival delle storie (clicca qui per andare alla pagina del premio

La giuria dei Premi Gutenberg – presieduta da Giancarlo Dosi – è costituita da docenti, letterati ed esperti di comunicazione provenienti da tutta Italia.

Il Festival delle Storie sta crescendo, anche questo Premio lo conferma. 
Il Festival delle Storie è un format, esportabile, un esempio concreto di riscatto e opportunità economica di un territorio, in questo caso la valle di Comino, attraverso la cultura. Tutto questo sta attirando l’attenzione anche di investitori italiani e stranieri, in affiancamento agli sponsor istituzionali locali.

Dal 23 al 31 agosto si terrà la 5a edizione, con tanti nuovi ospiti. L’Orchestra del Maggio Fiorentino, Sarah Lee Guthrie e Johnny Iron, Stephen Amidon, Massimiliano Parente, Elisabetta Bucciarelli, Cinzia Leone, Stefania Nardini, Guido Maria Brera, e tanti altri ancora in via di definizione.
Direzione artistica: Vittorio Macioce

giovedì 13 marzo 2014

Editoriaraba - 13 marzo il mondo festeggia il compleanno di Mahmud Darwish. Tranne l’Arabia Saudita

Una notizia è appena apparsa sul blog di Marcia Qualey “Arabic Literature in English”. Alla Fiera del Libro di Riyadh infatti hanno deciso di togliere dagli stand i libri di Mahmud Darwish, di cui oggi celebriamo il compleanno, perché “blasfemi”, come racconta il blog di Marcia: Report: All of Mahmoud Darwish’s Books removed from Riyadh’s Book Fair.

La notizia è tanto più grottesca in quanto proprio oggi si festeggia il compleanno del grande poeta e in Italia lo si celebra con “Poesie contro l’oblio”, un evento-reading collettivo nazionale che si svolge in più di 10 città della nostra penisola.

martedì 11 marzo 2014

13 marzo 2014 Poesie contro l’oblio. Letture poetiche per Mahmoud Darwish

13 marzo 2014
Poesie contro l'oblio 
In 12 città Letture poetiche per Mahmoud Darwish

Tutti i programmi città per città su Arabismo 

Kamel Daoud - Librairie Millefeuilles (Al-Marsa, Tunis) Vendredi 14 Mars

Al-Marsa, Tunis
Librairie Millefeuilles

Vendredi 14 Mars, à 18h, et en collaboration avec le Centre d'Etudes Maghrébines à Tunis, nous avons le plaisir de vous inviter à rencontrer l’écrivain algérien Kamel Daoud, qui nous parlera de son roman paru aux Editions Barzakh, «Meursault, contre-enquête»
La présentation sera assurée par Raouf Medelgi

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Le quatrième de couverture:
 «Et bien sûr, le soir même j’ai entamé ce livre maudit. J’avançais lentement dans ma lecture, mais j’étais comme envoûté. Je me suis senti tout à la fois insulté et révélé à moi-même. Une nuit entière à lire comme si je lisais le livre de Dieu lui-même, le coeur attant, prêt à suffoquer. Ce fut une véritable commotion. Il y avait là tout sauf l’essentiel: le nom de Moussa! Nulle part. J’ai compté et recompté, comme je te l’ai dit, le mot «Arabe» revenait vingt-cinq fois et pas un seul prénom de l’un d’entre nous. Rien. Pas une seule indication permettant d’identifier la mort de mon frère».
                                                                                                                      K. D.

Oran la nuit. Un homme, tel un mort-vivant, soliloque dans un bar. Il est le frère de l’Arabe tué par Meursault dans L’Étranger, le fameux roman d’Albert Camus. Il entend ainsi relater sa propre version des faits, raconter l’envers du décor. Il va rendre à son frère son nom et donner enfin chair à cette figure niée de la littérature: «l’Arabe».
Cependant, iconoclaste et beau parleur, le narrateur est peu sympathique, misanthrope et affabulateur. Son récit dérive alors de façon souterraine vers une critique aigre d’un présent tragique et une charge féroce contre la religion.
Il s’empêtre dans ses mots, délire, ressasse ses souvenirs, maudit sa mère, peste contre l’Algérie d’aujourd’hui et n’épargne personne.
Kamel Daoud entraîne ici le lecteur dans une mise en abîme virtuose. Il brouille les pistes, crée des effets de miroir, convoquant prophètes, mythes fondateurs et récits des origines. Et manipulation suprême, des passages de L’Étranger sont détournés, comme si la falsification du texte originel était l’ultime et unique réparation possible.

L’auteur:
Né en 1970 à Mostaganem (300 km à l’ouest d’Alger), Kamel Daoud a suivi des études mathématiques puis de lettres françaises. Il est journaliste au Quotidien d’Oran - 3e  quotidien national francophone d’Algérie - où il a longtemps été rédacteur en chef et où il tient la chronique «Raïna raïkoum» depuis 12 ans, certainement la chronique quotidienne la plus lue d’Algérie. Ses articles sont régulièrement repris par la presse internationale (Libération, Le Monde, Courrier International).
Il est l’auteur de plusieurs ouvrages dont le recueil de nouvelles La Préface du nègre (Barzakh, 2008) pour lequel il a reçu le Prix Mohammed Dib du meilleur recueil de nouvelles en 2008 et qui a été traduit en allemand et en italien. Ce recueil a paru en France en mai 2011, sous le titre Le Minotaure 504 aux éditions Sabine Wespieser. Il a été finaliste du Goncourt de la nouvelle 2011 et a été salué par la critique.

Editoriaraba - Poesie contro l’oblio per Darwish…in biblioteca

Anche alcune biblioteche civiche hanno aderito all'iniziativa poetica di Editoriaraba per ricordare Mahmoud Darwish.

L’idea di coinvolgere le biblioteche e incoraggiarle a rimpinguare i fondi con i testi di Darwish multilingue è di Enrica Battista, dell’Università Cà Foscari di Venezia. E quindi sul sito Arabook, da lei curato, trovate tutti i riferimenti delle biblioteche coinvolte e degli eventi a latere che queste hanno organizzato.

Ultima novità: si è aggiunta anche la città di Genova, quindi saranno ben 12 le città italiane in cui il 13 marzo si svolgeranno i reading per Darwish.

venerdì 7 marzo 2014

"Donne si Nasce Casalinghe si Diventa"di Flower Stylosa

Giovedì, 06 Marzo 2014 Ilaria Guidantoni

Titolo accattivante e simpatico con il suo formato depliant, alto e stretto, da leggere d’un fiato o sbirciare di tanto in tanto. La copertina presenta un’opera del pittore Salvador Dalì, “Donna alla finestra” chissà se per evocare la contraddizione con quanto sostenuto nel libro. E’ noto infatti che il pittore catalano, alquanto estroso e bizzoso, ancorché incline al fascino femminile, fosse misogino. La quarta di copertina spiega lo spirito di questo libretto, “Dio disse alla donna ‘moltiplicherò la sofferenza delle tue gravidanze e tu partorirai figli nel dolore’, ma non disse che ella sarebbe divenuta casalinga un giorno”. Come se la ‘casalinghitudine’, il termine non è mio ma dell’autore, fosse il peggiore dei mali.
A dire il vero dal libro emerge il senso dell’invisibilità del mondo casalingo, il senso dell’inutilità che spesso una donna di casa percepisce, l’ansia da prestazione o una gratificazione ossessiva, al contrario, per la pulizia, all’origine comunque di un malessere. Che sia una casalinga professionale, ovvero tradizionale, che trova nella casa il proprio lavoro e realizzazione o moderna, costretta a gestire la casa insieme al proprio lavoro e magari coinvolgendo il marito nelle attività domestiche, sembra che non sia mai una scelta autentica; o in ogni caso, dagli altri non sia mai apprezzata abbastanza.

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giovedì 6 marzo 2014

"Il console romeno" di Diego Zandel

Mercoledì, 05 Marzo 2014 Ilaria Guidantoni

Sette racconti, nati in tempi diversi e con ispirazioni differenti, tutti legati ad un effetto a sorpresa, spiazzante, un clima noir, talora grottesco; in altri casi dominato dall’ironia graffiante del non-sense come in “Rosa shocking”.

Le storie spaziano attraverso luoghi che sono cari o conosciuti dallo scrittore, autore di confine, dove il viaggio è sempre al centro perché è una dimensione interiorizzata che non necessariamente implica movimento come nella Romania di Ceausescu del racconto “Il console romeno” che dà il titolo alla raccolta; quanto implica un incontro tra persone che provengono da luoghi e culture diverse o, ancora, comporta un faticoso viaggio nella memoria come in “Traguardo di sangue” o “In memoriam”.

Quella di Zandel è una scrittura, rapida, incalzante, immediata, ritmata, adattabile facilmente ad una sceneggiatura. Si avverte quasi la telecamera del giornalista abituato a stare dentro gli eventi, a viverli in mezzo ai personaggi raccontati, soprattutto attraverso i dialoghi.

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mercoledì 5 marzo 2014

"Dizionario Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo"

In arrivo il "Dizionario Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo" (DEMIM), in uscita a maggio 2014 (SERItaliAteneo) dove io ho collaborato per l'osmosi siciliana nel corso dell'Ottocento in Tunisia, il fenomeno migratorio interno nel 1900 nel nostro Paese e la presenza italiana nelle miniere, con l'aiuto di Adele Maddonni per la ricerca.

"Il corvo è servito"

di Nicola Dal Falco

Scrivere un libro che racconti una nuova avventura di Corto Maltese non è facile, perché significa sfidare la potenza delle immagini, le quali, rarissimamente, arretrano di fronte alle parole. 
Il corvo di pietra, scritto da Marco Steiner, amico e collaboratore di Hugo Pratt, pubblicato da Sellerio, accetta, invece, questo spericolato cabotaggio, tessendo una trama siciliana in cui un giovanissimo eroe affronta quasi per gioco, da predestinato, il repertorio di situazioni a cui ci ha abituato il suo creatore.
Come in tutte le vicende di Corto, l’avventura non è mai fine a se stessa e ha in palio, qualunque sia il movente dei personaggi coinvolti, un tesoro, piccolo o grande, di conoscenze fuori dal comune, sapienziali.
La sapienza, infatti, pur attingendo all’erudizione, non punta a spiegare, ma a indirizzare, trasformando le scoperte in un lievito di vita, in scelte personali, in destino.
Il libro include un elenco di topoi, consacrati e riconsacrati dalla letteratura di genere: una costa selvaggia e piovosa dove imbarcare merce di contrabbando e fucili per i ribelli; una statua, il corvo di pietra del titolo, che custodisce come un secretaire la pergamena con la metà di una mappa in forma di enigma; un rabbino, maestro di cabala; simboli universali come il triskell, immagine della Trinacria e la chimera; una setta formata da persone di varia umanità e moralità in cui si mescolano riti sincretisti e pura avidità.
E ancora: una profezia che ha il compito di riunire tre sconosciuti; il passato perduto in cui le sorti di un’isola si intrecciarono con quelle di una famiglia; un disertore per buona causa, implacabile con il coltello; la libreria in cui si entra dalla porta, ma si può uscire da una parete mobile; la grotta, custodita da creature ctonie, repellenti, fornita anch’essa di una parete a scomparsa; un vago senso di claustrofobia ben interpretato dall’elemento acqua che può salvare, alzando per tempo le vele o far fare la fine dei sorci…
Gli esempi potrebbero continuare, ma sarebbe ingiusto anticipare  tutte le sorprese e le conferme del caso, destinate ad alimentarne l’epos.

Marco Steiner
La cucina affabulante 
La sfida tra parole e immagini, tra un nuovo racconto e l’icona benedicente e viaggiante di Corto Maltese potevano condurre ad una sorta di pareggio, senza vinti né vincitori, se l’autore non avesse avuto l’idea di inserire nel suo viaggio siciliano alcune ricette.
C’è una battuta nel libro che invita a riunire le cose separate e che nella sua semplicità potrebbe diventare il motto di ogni cuoco.
Una battuta non priva di implicazioni esoteriche a cui si aggiungono importanti riferimenti all’alchimia. La tesi espressa è quella di un’arte che avrebbe funzionato soprattutto come metafora della trasformazione dell’uomo. L’oro desiderato equivarrebbe allo spirito che riesce attraverso una ricerca disciplinata a liberarsi dalla materia, dal piombo delle convenzioni e delle passioni.
Nel frattempo, la possibilità di inciampare nella scoperta dell’elisir di lunga vita resta sempre sullo sfondo.
E la regola aurea di Ippocrate secondo cui l’alimento è salute conduce a credere che una buona cucina possa facilmente diventare un elisir di durata. 

Ciccio Sultano
L’avventura degli ingredienti e delle forme commestibili
Alchimia e cucina si trovano riunite nel personaggio di Chiaromonte, erede di una nobile e sfortunata schiatta isolana che avrebbe potuto riscattare la Sicilia dal gioco straniero.
Per la legge dei contrasti, sotto l’allampanata, sofisticata figura dell’iniziato e del cultore di ricette si cela per ammissione dello stesso Steiner la storia culinaria di un cuoco reale: Ciccio Sultano.
E per pura partigianeria, per amicizia e per simpatia verso Sultano, si potrebbe addirittura fantasticare che il libro sul giovane Corto Maltese sia piuttosto un omaggio viscerale alla Sicilia o un inchino costruito capitolo per capitolo, digressione per digressione, al cuoco di Ragusa Ibla. 
Credo, invece, che la presenza di queste strepitose ricette come delle osservazioni sul cibo, risponda ad un’esigenza estetica, ad una strategia letteraria.
Narrando di un personaggio dei fumetti, già presente alla mente dei lettori nei suoi tratti somatici e comportamentali, l’unica vera conquista dello stile e delle parole poteva essere affidata alla descrizione di sapori, profumi e cotture.
Un’avventura tutta da immaginare, sottile e inedita a seconda del palato che l’affronta, lasciandosi tentare.
Lì, nella presentazione degli spaghetti Taratatà, nella merenda del bracciante a base di pane, fico d’india, formaggio e un’alice, nella metafisica del capretto arrosto in cui verdeggia ancora il pascolo che lo ha nutrito – piatto rusticano, definito come in un menu futurista: verdure di campo in salsa caprina – o nella natura multietnica e poliglotta dell’arancino e del cannolo, la parola     vola sopra l’immagine.  

Anzi, potremmo affermare che nessuna foto di piatti eguagli il racconto di una ricetta a condizione che nel suo ingranaggio perfetto siano stati imprigionati il genio del luogo, le giravolte della storia e, quando appare, anche un po’ di divina provvidenza.
Nelle prime pagine del racconto, una frase di Melchisedec suona al tempo stesso come avvertimento e come consiglio: «ricordate sempre di conservare rispetto per il Mistero…»
Ecco, l’avventura della cucina in Sicilia, rievocata da Chiaromonte/Ciccio, fa correre la penna anche e soprattutto in assenza di immagini, perché nella sapienza di un boccone si conserva l’impronta della pietra filosofale.

martedì 4 marzo 2014

Premio Letterario Nazionale Contemporanea d'Autore 2014

"Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia” (Albeggi Edizioni) finalista del Premio Letterario Nazionale Contemporanea d'Autore 2014 per la Saggistica.