sabato 25 febbraio 2012

Agapornis, Suite Hitchcock


di Pia Arletti e Franco Ferrini

Romanzo improprio, quasi una sceneggiatura dove la realtà declina improvvisamente nella finzione con un deragliamento ironico senza facili colpi di scena, fatto di sottigliezze e di uno scivolamento impalpabile ma che ad un certo punto sorprende con l’in-credibile…come nei migliori noir e parlo più di letteratura che di filmografia.
L’esempio non è casuale dato che il protagonista è un regista del genere, come Alfred Hitchcock e la sua psicanalista, l’ebrea Mary Romm, realmente esistita, conosciuta e non amata da Alfred – con la quale collaborò forzatamente in occasione della preparazione del film “Io ti salverò”, anche se dalle testimonianze non risulta che Hitchcock sia mai stato in analisi. Certo è che il personaggio che emerge – pauroso, ossessionato dalla puntualità, complessato della sua pinguetudine nei confronti delle donne – che scorre come un fiume in piena e incolla il lettore alle pagine con la suspence tipica del cinema o teatro, con un andamento quasi esclusivamente dialogato, è tipico soggetto da terapia.
Interessante in questa scrittura “tutta esposta”, senza praticamente riflessioni fuori campo, la presa diretta aliena da cedimenti didascalici da parte degli autori che sembrano attori più che registi manovratori, in un intreccio di realtà e finzione difficile da sciogliere e consegnare ad un’interpretazione univoca. Un andamento che non è pura fiction né ammiccamento nei confronti del lettore spesso costretto a seguire la vicenda (come la vita) per quello che è, magari smarrendosi nelle “false piste” come negli stessi film di Hitchcock. Per chi ama il cinema e la critica cinematografica è un testo curioso senza pedanteria ma neppure la noia che in me ad esempio provoca il vezzo della finzione spacciata per vero, quella fatica di apprendere note sull’autore che scrive piuttosto che sul soggetto raccontato.
L’abilità è di costruire e giocare sul doppio, inteso come reale e immaginario, già nel laboratorio di scrittura: un’analista donna e uno sceneggiatore uomo che si confrontano in un alterco parallelo alla coppia narrata che a tratti emerge sovrapponendosi alla dialettica delle sedute di terapia. Il doppio credo sia una delle possibili chiavi di lettura di “Agapornis”: uomo-donna non tanto come dialettica degli opposti ma una doppia modalità di leggere la complessità dell’io; così come paziente e terapista, forse semplice metafora del dialogo tra io consapevole e inconscio; e ancora il vissuto e il sogno che si sdoppia nella confessione di Hitchcock che è a sua volta un gioco (?) - che lascio scoprire al lettore – fino alla soppressione del proprio doppio, il gemello e quindi il ricongiungimento trasfigurato nel matrimonio che è per Alfred simbiosi con Alma, nata nel suo stesso giorno (come una gemella appunto).
E per chiudere il titolo, con una sua suggestione enigmatica, colto ma con una punta di ironia e di gioco, nell’allusione agli uccelli di piacere che sono inseparabili come Hitchcock e la moglie, ma sono anche un regalo insolito e scomodo alla psicanalista come a rivelare che il paziente conosce meglio del terapista la soluzione del proprio problema, la difficoltà di relazione del regista ma anche il suo impasse creativo.
Così si aprono altre porte quali la critica alla psicanalisi – quella più autentica è il cammino che ognuno può fare da solo – che è strumentale come gli attori al regista. In altri momenti la terapia appare come una grande messa in scena dove nel recitare il proprio ruolo si sblocca la vita come la miglior tradizione del teatro terapia a partire dalla tragedia greca.

Agapornis,Suite Hitchcock
di Pia Arletti e Franco Ferrini
Collana Velvet
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12,00 euro

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