martedì 16 dicembre 2014

“Il silenzio e il tumulto” di Nihad Sirees

Ilaria Guidantoni, Lunedì 15 Dicembre 2014 
Un libro snello, colloquiale, senza arabeschi stilistici, nel quale l’autore presenta la propria storia senza alcun camouflage tanto che spesso si rivolge al lettore direttamente, per specificare, per scusarsi, per condividere.
Questo sembra soprattutto l’atteggiamento, un fare discreto e umile che ho riscontrato in altri scrittori siriani, come se di fronte al male, all’inferno della loro terra, si sentissero comunque così piccoli da non reclamare l’eroismo del proprio dolore, della persecuzione inutile. E’ soprattutto questo senso di inutilità, di umiliazione fine a se stessa che sembra ferire il nostro protagonista. Fathi è uno scrittore di successo, autore di una trasmissione televisiva, ormai emarginato perché ribelle, ridotto di fatto al silenzio. Una tranquillità – una conchiglia mi viene in mente, nella quale metaforicamente si rinchiude un altro scrittore siriano, Ben Khalifa nell’omonimo romanzo autobiografico – che lo preserva da fastidi e lo lascia libero. E’ così che vive, nell’ombra cercando pace, soprattutto dal frastuono che allegoricamente è un’altra metafora del potere tronfio, della propaganda che ha oscurato qualsiasi forma culturale e di trasmissione per gridare solo canzoni patriottiche.
La vicenda si svolge in una città caotica, sempre bollente, polverosa, che sfinisce mentre ovunque campeggiano foto del Leader, mai chiamato per nome, perché in effetti è solo un simbolo, un padre cresciuto a dismisura che attanaglia molti popoli che vivono sotto la dittatura. Con un tono di sberleffo il nostro scrittore per il quale non si può non simpatizzare mostra la pochezza e l’assurdità di una macchina che lavora per il nulla, per diffondere amore ed obbedienza cieca e paga un apparato fine a se stesso. E’ l’assurdità più che l’immoralità che colpisce e che accomuna tutte le dittature. L’effetto è forte proprio perché la scrittura di Sirees è senza ambizioni, senza vezzi, senza intenti dichiarati, semplicemente è, testimonianza di vita vissuta. Nihad Sirees infatti, nato ad Aleppo nel 1950 – ingegnere civile e autore di romanzi e diverse sceneggiature per il teatro e la TV – vive in un esilio auto-imposto dal 2012, dopo aver subito la censura siriana. La sua analisi non cede a facili considerazioni, ci risparmia la violenza del sangue e dei pestaggi; è tutta raccolta nel logorio della mente, nella sottile analisi psicologica e nell’acuta osservazione delle parole, quelle usate da un intellettuale e quelle usate da un politico.
La recensione integrale su Saltinaria.it

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