domenica 26 agosto 2012

"Zitoyen!" di Med Hamouda


Zitoyen!
ou la génération nomade
di Med Ridha Ben Hamouda

Romanzo vincitore dell’edizione 2012 delle Assurances Comar, testo politico quanto mai di attualità nel momento della transizione tunisina. E’ un testo e un inno alla cittadinanza quale consapevolezza e responsabilità della democrazia come partecipazione, costruzione dal basso, impegno necessariamente continuo e faticoso; talora un fine sempre al di là delle possibilità reali di definirlo come un traguardo praticabile. Nondimeno rappresenta l’essenza ancestrale dell’uomo tanto che Hamouda, definisce lo zigote, in una discussione tra amici, come il primo nucleo di vita ovvero un cittadino in embrione, detto anche zitoyen, per l’appunto, come si svelerà alla fine. Il romanzo è una lunga discussione politica tra amici in vacanza, condita dall’atmosfera di una vacanza marina soprattutto grazie a descrizioni struggenti del paesaggio. Il nucleo è un saggio sulla responsabilità del percorso verso la democrazia nel quale la mediocrità e la corruzione non sono mai una fatalità. Il libro è altresì la narrazione di una generazione nomade, in viaggio verso una meta mancata, desiderosa di crescere interiormente, intellettuali del cuore, soffocati poi da un regime. E’ l’euforia di un’epoca all’indomani dell’Indipendenza insieme alla grande delusione che ne è seguita nelle ultime due decadi.
Testo impegnativo che ci presenta una serie di coppie descritte a guisa di preludio in vacanza al mare, impegnati in un continuo dialogo, nel quale le vicende personali, i gusti, le azioni rimangono decisamente sullo sfondo, sfumando appena il saggio in romanzo. Il gruppetto di amici, sulla sessantina, diventa anche paradigmatico dell’avvicinarsi della pensione, come di un’età di cambiamenti, per lo più subìti, con i quali occorre confrontarsi, rimettendosi ancora una volta in discussione, ad esempio faccia a faccia con una nuova forma di solitudine. E’ la generazione del dopoguerra che ha seguito l’onda della rinascita, dell’impegno civile, della modernizzazione, della speranza e della grande delusione.
Le pagine del testo relativamente voluminoso, scorrono rapide tra le dita, tanto è bella e vivace la prosa, un vocabolario ricco e metafore talora vibranti che non cedono all’autocompiacimento e sempre asciutte come la marea che diventa un’eclissi temporanea.
Significativo il prologo che narra la vicenda di Didone alias Alyssa e la fondazione di Cartagine quale modello di moderna democrazia, culla delle civiltà del mondo, coraggio della responsabilità e valore del femminile ‘guerriero’. Un nome che diventa un simbolo e che sarà dato alla protagonista del romanzo. Tra l’altro potrebbe esserci un fondo autobiografico dell’autore rispetto alla propria famiglia nell’identificazione con Elissa e il marito, di funzionari nazionalisti e seguaci di Boughiba, engagés; mentre il nostro autore, ingegnere di formazione, è diventato intellettuale per passione, elementi che si ritrovano nei personaggi del libro e che hanno segnato la vita e la cultura di Hamouda. Qualcuno dice che un lavoro grande come creare una civiltà non potrà essere certamente svolto interamente da una donna; ma Elissa/Didone conoscendo la fame e l’impazienza degli uomini, risponde che sarà possibile. La lezione che ne deriva – è questo il valore aggiunto – non è una prova di forza, tanto meno di alterigia; piuttosto una lezione di accoglienza: se il progetto può essere di uno solo, la costruzione è sempre corale.
L’autore confessa che alcuni lettori si chiederanno perché racconta questa storia, dilungandosi, quando la leggenda è ben nota. “Per prima cosa, direi perché sono sempre innamorato della mia Bien-aimée! E’ un modo come un altro di celebrare la sua memoria in occasione di una prima testimonianza…” Inoltre - ci informa l’autore - di aver voluto parlare dei “valori che dovrebbero presiedere nella nostra società… Infine, ho voluto portare, tanto come testimone quanto come attore, la mia versione su questo periodo che costituisce in ogni caso, concediamoglielo, un atto fondatore”. La storia, secondo Hamouda, è infatti una grande maestra perché per gli uomini esiste rispetto alla tradizione un attaccamento dal quale trarre affidamento. In fondo se ci pensiamo la traduzione è ambigua: quando si pensa alla storia si pensa agli accadimenti realmente avvenuti e in tal senso la storia è maestra di verità; quanto al raccontare una storia come gioco di fantasia. Qualcosa vorrà pur dire.
L’autore fa trapelare anche una critica agli intellettuali, quanto mai attuale a mio parere, dal momento che sulla storia pesa la cultura con la propria responsabilità di non aver osteggiato le dittature e limitato con quella che dovrebbe essere la sua vocazione ontologica, il pluralismo, l’affermarsi del partito unico. Una delle osservazioni – introdotta come nota del narratore – è che il destino dell’Oriente è di affermarsi attraverso guide singole, ovvero personalità eccezionali, magari, e proprio per questo distanti dal creare un sistema democratico.  
Nel testo aleggia anche un amore per la bellezza che ricorda la celebre frase ‘la bellezza salverà il mondo’ del Principe Minsk ne’ “L’idiota” di Fedor Dostoevskji, riproponendo una sacralità dell’universo che ci fa dire che può essere soltanto opera di un creatore. Questa speranza iniziale si flette nel viaggio dei protagonisti che resta incompiuto.

Zitoyen!
ou la generation nomade
Med Ridha Ben Hamouda
Sud éditions, Tunis
Stampa Finzi
15,00 DT – 15 Euro

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