martedì 20 novembre 2012

"Un’ombra fuggitiva di piacere" di Costantino Kavafis

a cura di Guido Ceronetti

Il poeta alessandrino moderno, l’erede dei lirici greci, occupa una singolare posizione nel panorama della poesia del Novecento e forse meriterebbe una centralità maggiore. La sua produzione complessiva – 154 componimenti – ha un andamento musicalmente colloquiale con versi, sciolti, talora ‘spezzati’ che evocano un mondo antico e mitologico con un riecheggiare malinconico, raffinato, mai accademico. I temi sono quelli dei poeti lirici classici ma l’eloquio è vicino alla lingua parlata dell’oggi. E’ la fugacità della bellezza, la paura di invecchiare senza aver goduto appieno i frutti della giovinezza, la malinconia di una Grecia conosciuta tardi, per il poeta, nato ad Alessandria nel 1863 (ultimo di nove figli da genitori greci originari di Istanbul e morto nel 1933).
Forte la presenza della sensualità ora violenta, ora struggente, ma sempre un po’ dolorosa e mai catturata del tutto come nei versi che dicono:
"Un intelletto in preda a una febbrile
Dissolutezza, il baciarsi
Rappreso nella bocca.
Come di spasmi che la brama stritola…
Con svagatezza, tanto
Ha calcolato i rischi.
Di neri scandali simili vite
Sono sull’orlo
Sempre"

Il destino evidenzia la caducità della vita e si annuncia come una condanna come nel componimento
“Un vecchio” dove affiora molto del suo sentire.

"E pensa, nella triste vecchiezza, avvilita,
a quanto poco godé la vita
quando aveva bellezza, facondia e vigoria…
Riflette. A come la Saggezza l’ha beffato.
Se n’era in tutto (che pazzia!) fidato:
‘Domani. Hai tanto tempo – la bugiarda diceva.
Gioie sacrificate…ogni slancio represso…
Ricorda. Ogni occasione persa, adesso
Suona come uno scherno".

Sono versi che spingono a chiedersi perché la poesia sia così trascurata, nella sua essenzialità che dice modernità e nella sua capacità di offrire interpretazioni e sentire diversi, in quella libertà che l’oggi reclama ma che poi teme.

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