mercoledì 31 luglio 2013

Antonia Pozzi, poetessa da riscoprire



“Lieve offerta”
Poesie e prose
Antonia Pozzi


La raccolta ad oggi più completa di questa poetessa milanese morta giovanissima suicida è a cura di Alessandra Cenni e Silvio Raffo, un’opera monumentale, un volume d’altri tempi, l’idea di un’opera omnia che scorre però veloce. L’occasione di questa lettura non è venuta dalla celebrazione nel 2012 del centenario della nascita ma grazie alla rete che i libri offrono e della quale spesso parlo in questo spazio. La scultrice siracusana, romana di adozione Roberta Conigliaro, divenuta un’amica, mi ha donato questo volume per un percorso da fare insieme e nel quale lei già ha proceduto. In autunno a Milano ci sarà infatti una personale dell’artista dedicata alla poetessa – il lavoro sulle donne e sul femminile di Roberta ha una lunga storia – nella quale in qualche modo ha voluto la mia presenza di scrittrice e giornalista. Ho cominciato così questo cammino come lei, dalla parola, dalle poesie e poi dalle prose che le hanno suggerito l’ispirazione. Il resto lo racconteremo a tempo debito sul blog www.ilchiasmodellerappresentazioni.blogspot.com.

Il verso che mi è rimasto impresso è tratto dalla poesia “Africa”, la madre terra per eccellenza, la culla dell’umanità, alla quale io sono legata, soprattutto per la parte mediterranea e che mi ha colpito riferendola ad una ragazza ‘chiusa’ nei primi del Novecento nella sua Pasturo, il paese di Agnese dei “Promessi sposi”, di quel ramo del lago di Como, dalla parte di Lecco che guarda alle Grigne, e anche del mondo effervescente e poi reazionario della Milano degli Anni Venti e Trenta.
“Terra – è l’esordio – sei di chi affonda nella sabbia le mani…” e impossibile non pensare alla carnalità di una scultrice che ha cominciato lavorando la creta e forgiando così le sue figlie e un po’ se stessa nelle sue creature femminili. Antonia Pozzi stessa è ragazza ribelle, indomita, che vuole sperimentare la carnalità del pensiero e affonda se stessa nella natura e nella terra: è infatti scalatrice, grande osservatrice del paesaggio oltre che lettrice accanita. La sua passionalità nella vita, che si deduca leggendo il saggio introduttivo, di grande ampiezza, è come trattenuta nelle composizioni dallo stile  di quegli anni dove alcuni arcaismi, un grande gusto estetico pur mai retorico lascia sfuggire schegge di passione senza mai rovesciarle sul lettore.
Le prose, le lettere, il progetto di un romanzo saga familiare, sono arrivati a noi per frammenti, spesso ricopiati e ricostruiti da quel padre che ne fu probabilmente in parte censore – come della vita della figlia – e infedele custode. Soprattutto le lettere, ben scritte, forbite, affettuose, sono interessanti solo per quel gusto dell’ironia che si affaccia a chi riesce a sbirciare nelle lettere affettuose e se vogliamo un po’ ingenue di un’adolescente colta, di buona famiglia.
Del volume il saggio introduttivo, certamente impegnativo e frutto di un lavoro, ampio, articolato e ben documentato, è forse la parte più interessante perché svelano il personaggio di Antonia, l’ambiente familiare, il contesto culturale e sociale, dal mondo dei poeti e degli intellettuali – Remo Cantoni, Antonio Banfi, Enzo Paci e Vittorio Sereni ad esempio – come quello della scuola e del cambiamento che l’avvento del Fascismo porta nell’istruzione e nella sensibilità. Si tratta di un affresco importante, di grande respiro e approfondimento, non troppo accademico né tecnico che ci restituisce a tutto tondo la figura di questa ragazza irrequieta ma non sfrontata, fragile e timida, educata, contestatrice ma affezionata e rispettosa dei genitori; dalla sua formazione culturale soprattutto rivolta al mondo tedesco, la sua cultura musicale e la sua vita sportiva – relativamente insolita per l’epoca – quanto la sua costante ricerca di un amore con qualche afflato lesbico di tenerezza. Le poesie che sono il cuore di Antonia pretenderebbero una lettura e rilettura e un’esegesi attenta che non è questa la sede né la mia competenza che possono offrire. Mi limito a suggerire che vale la pena aprire questa porta sconosciuta ai più perché probabilmente questa giovane ragazza non è mai diventata di moda e i lettori fanno poi necessariamente riferimento a un mercato di proposte. La produzione è ampia ma ruota prevalentemente rispetto a dei quadri di natura, una natura vissuta in una rispondenza intima con il proprio sentire, quasi sempre legato al sentimento d’amore, alla mancanza, nostalgia, assenza, rimpianto dell’altro; al vagheggiare di un bambino che non c’è mai stato (?) fino alla meditazione sulla morte. I suoi paesaggi che lasciano di tanto spazio agli animali e più spesso ai fiori e alle piante, soprattutto al glicine (di cui parla al femminile), agli abeti e alla sua cara stella alpina, simbolo di purezza che diventa bianca con la luce più calda. Sono composizioni che meritano sempre una seconda lettura almeno perché all’apparenza ingenua, composta, armonica, quasi un po’ retrò – non si legò alle avanguardie nella rottura del linguaggio – si affianca una preziosità di grande raffinatezza e originalità che non è orpello ma schiude, talora spalanca, trasfigurando le immagini, un orizzonte insolito, una lettura ardita anche delle cose più semplici. Forse colpisce proprio tanta sublime semplicità se penso a quegli anni e allo stile di oggi tutto volto a stupire con effetti speciali per poi rovesciarsi in volute insolite. C’è sicuramente una padronanza della parola che è pensiero singolare. Emergono sempre i temi della solitudine, della distanza, di una bellezza sofferta anche nella natura e financo i momenti più armonici hanno qualcosa di spaventoso che lasciano intuire quel volere annegare nella notte fredda e umida.

“Lieve offerta”
Poesie e prose
Antonia Pozzi
Bietti Edizioni

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