domenica 25 marzo 2012

La Bibbia dell'aspirante cittadino



di Nicola Magaletti

Il titolo per un Occidentale è di impatto, suona categorico. Evidentemente l’autore ha una consapevolezza e una convinzione di sé senza incertezze. La conferma arriva fin dalle prime righe, la sensazione di essere un visionario e come ogni Cassandra non creduto per poi essere sminuito al verificarsi della predizione, giudicata un’ovvietà e quindi troppo lampante per essere annoverata nelle previsioni. La difficoltà emerge insieme alla caparbietà di pubblicare a costo di diventare editore, di sé stesso. Certamente una scelta coraggiosa rispetto a chi si piega al potere per essere editato secondo il detto che “per cambiare il sistema bisogna starci dentro”. Il problema è che se l’obiettivo è smuovere le acque occorre, non solo avere chiaro il bersaglio, ma raggiungerlo.
Comincio dalla copertina, un ricordo delle dispense universitarie: si annuncia impegnativo e volutamente non allettante. Non cerca il compiacimento del lettore, piuttosto si presta ad essere didascalico. La lucentezza della copertina riflette un giallo, giallo intenso senza sfumature. Forse è da qui che occorre partire: il giallo è il colore dell’invidia, quindi della gelosia e del tradimento come via di fuga per non affrontare il problema. Nell’immaginario cristiano è il colore associato a Giuda. Ogni colore ha però una sua valenza ‘positiva’: è il colore della scelta, della capacità di prendere in mano la situazione quindi della responsabilità. In questa ambivalenza c’è la sintesi del testo di Nicola Magaletti: i non-cittadini, coloro che sono trattati da sudditi e che si auto negano, “i beoti”, come li definisce l’autore con la mentalità dello schiavo per dirla con Nietzsche. E non si tratta di mansuetudine quanto di autorepressione che sfoga nella ‘diversione’ o nell’esplosione della rabbia. Ma le rivoluzioni non sono cose per l’occidentale addormentato (ndr), nella sottomissione dei deboli che non ha rispetto dell’autorità; soltanto paura del potere. Il timore reverenziale è l’effetto del rispetto che, come diceva Kant, è il più nobile dei sentimenti. La paura invece imprigiona. E’ difficile definire questo testo: forse l’autodefinizione dell’autore è la migliore, pamphlet, con un’inclinazione manualistica verso il decalogo. C’è la volontà di scuotere l’altro, una massa indistinta inconsapevole, pigra e forse disonesta intellettualmente rispetto al potere che non può essere oggetto di timore perché becero e privo di autorevolezza.
Il nucleo è il tema della democrazia fondata, secondo il dettato di Montesquieu, sulla separazione del potere legislativo, esecutivo e giudiziario, con un accento grave posto su quest’ultimo. Una giustizia serva della politica (una giustizia quindi strutturalmente ingiusta) e della burocrazia (una giustizia incerta nei tempi e nei modi). Non mi addentro nei particolari dei quali spero ci sia occasione di discuterne in un dibattito e di approfondire direttamente sul testo, per chi vuole. Mi limito a sottolineare due aspetti interessanti della pars costruens, quello economico-finanziario, e l’idea di Europa. Sul primo c’è un invito ‘radicale’ all’emarginazione se non cancellazione della finanza, per tornare ad un’economia reale, con un movimento però che porti l’economia a smaterializzare il denaro, sostituendo la moneta con e’certificati’ che rendano tracciabile il percorso degli scambi e della remunerazione. Sul tema dell’Europa, che mi sta particolarmente a cuore perché personalmente (lo preciso solo per chiarire il punto di vista) non è credibile e per l’Italia è un non senso. Il nostro riferimento è piuttosto il Mediterraneo. L’Europa si regge sul nulla: sulla moneta unica e sulla speculazione che ne è seguita. Nasce da un inganno, a mio parere, perpetrato. La prospettiva affrontata dall’autore è interessante per la menzione della lingua e della religione. Sulla seconda non mi pronuncio per il rischio di entrare nei massimi sistemi. L’aspetto linguistico mi sembra molto più cogente: dare un nome alle cose significa definirle e indicare la posizione di chi parla. Si vede il mondo attraverso la lingua che si conosce e la scelta non è facile. Non è un caso che gli invasori o i dittatori abbiano imposto la propria lingua, connotandola con uno stile specifico, standardizzato e riconoscibile. Se vogliamo fare un esempio religioso, quanto si è discusso e si è tornato a discutere sulla messa in latino o sull’apprendimento del Corano a memoria per chi è analfabeta!
Il libro può essere uno strumento per superare la banale protesta politico-sociale dell’essere semplicemente contro e provare a tracciare una strada. Occorre renderlo digeribile, soprattutto ai pigri colleghi della stampa.

La Bibbia dell’aspirante cittadino
di Nicola Magaletti
Magaletti Nicola editore
12,00 euro

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