domenica 26 febbraio 2012

Sala Umberto


vita di un teatro, storia di un’epoca

di Donatella Orecchia

Il saggio di Donatella Orecchia è un libro prezioso, da sfogliare e risfogliare, piacevole per la ricchezza delle immagini e dei documenti a corredo; ma anche da consultare e di facile lettura. E’ insieme didattico e intrigante, con un parallelismo storico - che ci accompagna in 130 anni di storia di questo celebre teatro romano – tra la biografia della Sala Umberto, la storia del teatro italiano e la cronaca degli eventi politici e, in generale, l’evoluzione del costume della società, dei gusti e dei desideri del pubblico. Il testo è corredato da documenti di archivio, immagini di repertorio, frammenti di cronaca del tempo, testimonianze inedite. Le pagine prendono per mano il lettore dai tempi del Café-chantant e del Varietà; fino alla Rivista; al ritorno al classico aperto alle influenze dell’Europa, dell’America, del jazz e della musica nera; per poi sposare il cinema, intrattenimento dell’Italia del boom; fino al ritorno alle origini. Oggi la Sala Umberto conferma la propria vocazione: un teatro comico d’autore che trova posto per ogni tipo di pubblico. Così era già ai tempi di Ettore Petrolini, quando la sua comicità salace e spesso irreverente era comunque vestita della dicitura ‘spettacoli per famiglie’. Questo teatro è infatti specchio di una Capitale moderna, con tutte le contraddizioni di una grande città: aperto alla tradizione aristocratica di un pubblico colto come alla massa. La scelta della comicità d’altro sposa l’idea che questo genere rivela più di ogni altro un’epoca come un specchio. Oggi la Sala Umberto si è arricchita anche della produzione, dal 2006, aprendosi a lavori non solo comici e al teatro per i ragazzi per rispondere ad una domanda sempre più articolata. Nell’insieme il lavoro dell’autrice è scrupoloso senza essere accademico, alternando il dialogo e le confessioni delle testimonianze, al racconto in un buon mix.
L’esordio di questo luogo è nel 1882, all’indomani dell’Unità d’Italia, e segue da vicino la trasformazione di Roma che assume gradualmente le sembianze di una moderna capitale, quello che dovrebbe recuperare oggi. L’indirizzo è sempre lo stesso, via della Mercede 50, a due passi dal Parlamento. Il teatro accoglie quell’intreccio di cultura alta e bassa, recuperando dalla trascrizione napoletana l’originalità francese del Café-chantant.
Dal 1905 al 1920 è la grande stagione del Varietà, un periodo di grande rivolgimenti: una stagione prodiga come poche altre di scrittori di rilievo e ad un tempo di forte affermazione della cultura di massa. Tale contraddittorietà si riflette anche nel teatro, con un’evidente commistione di generi. E’ il momento della spettacolarità del circo e del teatro di strada insieme con la cultura alta e le prime sperimentazioni cinematografiche. Sono gli anni di Ettore Petrolini, uno dei protagonisti della storia di questo luogo e, dal 1910, di Elvira Donnarumma, cantante che per una lunga stagione apre la stagione della canzone napoletana.
Petrolini, come scrive Bragaglia, scolaro della canzone napoletana, ne supera l’impianto e il gusto ottocentesco con i suoi fronzoli, trasformandola in alluminio e modernità corrosiva. Con Nicola Maldacea, poi, trionfa la macchietta, ovvero la caricatura di un tipo.
Con l’affermazione del fascismo si chiude la stagione del grande Varietà con l’imborghesimento della società e l’ascesa del conformismo nella cultura. Arrivano le sciantose, un certo esotismo di maniera e qualche influenza della musica nera.
Dal 1921 al 1946 è la rivista che trionfa e nel 1943 il sipario riapre con soubrette e jazz. Dopo la Guerra in generale c’è una ritorno alla normalizzazione e allo stesso tempo un desiderio di lusso. Non mancano le eccezioni con personaggi fuori dell’ordinario come Antonio De Curtis, noto come Totò, uno dei protagonisti di quella stagione. Continua l’invasione della cultura americana, anche dopo il 1925, così il teatro segue insieme i binari della tradizione come le innovazioni. Passano da questo teatro personalità come Macario, Titina, Peppino ed Eduardo De Filippo. Per alcuni anni diventa una sala cinematografica e, quando riapre nel 1946, è la volta di Totò-gagà e Anna Magnani-gaganella. Negli anni si succederanno personaggi del calibro di Walter Chiari con una stagione di puro divertimento.
E’ stata a lungo una sala riservata alle proiezioni cinematografiche fin quando nel 1981 Luigi Longobardi rileva l’attività e si trova nelle condizioni di ricostruire un senso. L’anno seguente passa sotto la direzione dell’ETI. Sono gli anni di Peppe Barra, i fratelli Giuffrè, ma anche Paolo Poli, uno degli ospiti affezionati che raccontandosi ha dichiarato “le amenità e le canzonette sono sempre la mia forza”.
Nel 2002, dopo una ristrutturazione, la Sala riapre con lo spettacolo di Peter Stein Femmine fatali, protagonista Maddalena Crippa. Tra i tanti temi di questi anni c’è la commedia napoletana interpretata da Claudio Buccirosso, o la satira graffiante con uno sguardo all’attualità di Francesca Reggiani, fino all’intrattenimento da salotto, allo spettacolo d’autore e molto altro.

Sala Umberto
vita di un teatro, storia di un’epoca
di Donatella Orecchia
Edizioni Progetto cultura
20,00 euro

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