sabato 19 maggio 2012


"Dalle sponde del mare bianco"
di Mouncef Ghachem
Ogni parola ha la sua nota, ogni scritto la propria colonna sonora, in questa raccolta di liriche più vero che mai. Il poeta pescatore di Mahdia, nel sud della Tunisia e il complesso musicale siciliano dei Dounia, sono un binomio di emozionalità legato al Mediterraneo che in quel tratto lega e mescola sentori, parole, accordi tunisini e siciliani in un intreccio difficile da dipanare, con un ammiccamento che è vezzo e insieme rabbia, ma anche nostalgia per la cultura francese. Chi conosce e ama la letteratura sa che quest’inclinazione la si ritrova presso i siciliani come i tunisini. Mi viene in mente una lettera che Leonardo Sciascia ha scritto a Gesualdo Bufalino, parlando dell’isola patria comune come di un crocevia di culture quanto, al tempo stesso, di un luogo appartato un po’ dimenticato nel quale i giovani intellettuali curiosi si sono formati fuori dai clamori della mondanità culturale; per dedicarsi alla lettura dei grandi classici e certamente della letteratura francese. Moucef Ghachem è una scoperta che merita, rivelatrice della poesia nella sua doppia dimensione estremamente intima e consolatoria e allo stesso tempo corale, come il canto dei pescatori. In un mélange tra prosa e poesia il poeta racconta il suo esordio in un paese pressoché medioevale, la storia della povertà della sua famiglia, mai della miseria; la lezione di dignità e la vita dura e solidale del mare. E ancora l’importanza degli incontri, in particolare quello con il maestro che li porta a visitare la fortezza spagnola della cittadina, gli insegna i versi di Victor Hugo e con l’emozione della poesia, la cultura come strumento di civilizzazione; facendogli provare lo choc di una visita al carcere appunto. Nei versi talora crudi, dove il tunisino – e non l’arabo classico e aulico – si mescola ad influenze siciliane, all’eco francese e a suggestioni della cultura orale – c’è la forza dirompente della natura tra il mare sconfinato e le rocce ruvide, aguglie; il pesce che in molti proverbi tunisini è ritenuto come simbolo di abbondanza e grazia; e il duro lavoro vissuto sempre con fierezza. Nei racconti dello zio arriva l’eco della guerra, combattuta dai maghrebini per conto del colonizzatore, il senso di emarginazione e la voglia di emulazione, l’orgoglio di aver imparato a parlare nella lingua degli ‘invasori’ per essere poi disconosciuti in patria. Il linguaggio di Ghachem è musicale, nutrito dal rumore del mare, il canto degli uccelli, i sussulti dei pesci, pare di sentire, è nella sua semplice quotidianità prezioso, singolare e diventa impegno civile per la difesa della vita e la religione dell’amore. “…La fulgurance d’une enfance/sur laquelle règnent/des hommes de mer/des femmes de nuit/ je me déplace grace à l’étoile/ et à l’oiseau/je brûd’amour”.
I Dounia invece da anni si occupano di teatro e sono abituati a modulare l’armonia per interpretare la parola in una fusion suggestive ed evocative, non semplicemente di accompagnamento e didascalica.
“Dalle sponde del mare bianco”
di Mouncef Ghachem
Mesogea edizioni
Con cd dei Dounia
14,00 euro

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