martedì 27 gennaio 2015

“Storia di una matita” di Michele D’Ignazio

Ilaria Guidantoni Domenica, 25 Gennaio 2015

Storia per l’infanzia con i classici elementi fantastici, gli elementi di quotidianità che sembra piacciano sempre di più ai bambini di oggi e una morale che non è proprio un messaggio a lieto fine tipico. E’ un insegnamento della vita che sembra suggerirci che comunque vale la pena spendersi al meglio per quello che se ne ricava interiormente, per il sorriso che riusciamo a dare agli altri, soprattutto se sono dei bambini, anche se la realtà non è pronta a premiarci per il merito.

E’ una trama per altro complessa per dei ragazzi ed è certamente un invito agli adulti a riflettere sull’infanzia e sulla capacità di influenzare e orientare, non correggere – che è una brutta parola, come dice il protagonista della novella – quindi anche di invadere l’infanzia. Scritto con una penna leggera o forse sarebbe meglio dire una matita in tanti capitoletti, senza titolo, ci racconta la storia di un sogno che si avvera, ma non si realizza pienamente come nelle classiche fiabe. E’ in fondo una storia di tutti i giorni come la letteratura per l’infanzia ci propone sempre di più e forse proprio per questo aspetto, un genere troppo spesso sottovalutato, sta assumendo uno spazio importante di riflessione.

Il protagonista Lapo è un maestro di disegno e un insegnate di arte, supplente, che lascia il proprio paese e l’amato mare, metafora del sogno, dell’infinito, dello spazio di avventura che però diventa una reale promessa solo se si ha il coraggio di attraversarlo e quindi, paradossalmente sotto un certo profilo, di lasciarlo. E’ questo il coraggio di Lapo, personaggio timido, coscienzioso e forse per questo un po’ timoroso di sbagliare, che si avventura in città per realizzare il sogno. L’occasione come spesso accade gli capita un po’ per caso, ma è pronto a coglierla e a mettersi in gioco, con l’emozione e la preoccupazione ad un tempo di non essere all’altezza. Ed ecco il secondo messaggio. Naturalmente i sogni non arrivano con il titolo, sta a noi riconoscerli e a Lapo capita una proposta nell’ambito di una classe di bambini, la quarta B, giudicata da molti colleghi un pasticcio, con i quali non ha mai avuto a che fare. Sono solo otto, per scelta di una preside sempre troppo indaffarata, più attenta ai programmi e alle regole che alle persone. A Lapo è capitata una vicenda strana, di trasformazione di sé, quasi kafkiana seppure più divertente, un’esperienza forte che lascia il segno. La metafora è quella dell’identificazione con il proprio desiderio che, ancora una volta, sembra dirci l’autore, si realizza ma non proprio come noi avremmo immaginato. Ai piccoli che incontrerà, ognuno con un proprio sogno, come il pallone per Paolo e la danza per Sabrina, o il diario segreto per Dario, trasmetterà tanta passione e anche il coraggio di rischiare di diventare quella passione. La consapevolezza però riuscirà a riportare indietro alla realtà i bambini che torneranno bambini, al di qua dello specchio magico.

La recensione integrale su Saltinaria.it

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