sabato 25 febbraio 2012

Non ho più paura


Tunisi. Diario di una rivoluzione

a cura di Francesca Russo e Simone Santi - Gli italiani di Cartagine, Collettivo

Quasi un anno dalla Rivoluzione tunisina e le celebrazioni che si avvicinano portano a rivivere quei momenti soprattutto per chi li ha vissuti in diretta, in modo partecipato anche se non da tunisino.
“Non ho più paura” è in questi giorni in tournée in Italia e toccherà la città di Firenze il 14 gennaio, primo compleanno della rivolta del popolo tunisino. L’occasione è lo spunto per rileggere un libro di amici di amici, conosciuti grazie alla rete che si muove tra Italia, Francia e Tunisia, di persone che scrivono per diletto, per impegno interiore o per mestiere – o per tutte queste ragioni insieme –e immediatamente vicini per l’empatia di un sentire e volere comune.
“Gli Italiani di Cartagine” è lo pseudonimo scelto dagli autori, ma è soprattutto il nome con cui la gente del quartiere si riferiva alla loro famiglia di italiani residenti a pochi isolati dal Palazzo presidenziale, nelle giornate in cui il popolo tunisino proteggeva se stesso e chiunque fosse loro vicino – compresi les italiens - dalle milizie di Ben Ali. Dietro questo collettivo ci sono in particolare Francesca Russo e Simone Santi, che reggono le fila di un gruppo fatto anche di gente comune che si è resa disponibile a testimoniare. E’ infatti un diario corale, dove di volta in volta si isolano delle voci. Gli Italiani di Cartagine sono nella vita di ogni giorno una giovane coppia, lei antropologa e lui economista. Vivono a Tunisi da tre anni con due figli piccoli, dopo oltre dieci anni spesi tra l’Africa, l’Asia e le Americhe seguendo la passione condivisa per i paesi in via di sviluppo e lavorando per varie organizzazioni internazionali. Tra le testimonianze, in presa diretta o raccontate ci sono Stefania Danzi, Najib Chouaibi, Mourad Ben Cheick, Carlo Svaluto Moreolo, Saoussen Ben Romdhane, Silvia Costantini, Simone Santi, Jaouher Dalhoumi e Monique Vassart, alcuni dei quali sono anche miei amici. La scelta degli autori è infatti di lasciare un grande spazio alle voci e alle testimonianze, raccogliendo il sentire a caldo da punti di vista diversi.
Ho ritrovato nella scrittura fresca di pagine che scorrono veloci, preziose per chi si avvicina per la prima volta all’universo tunisino, la ragione di raccontare e rivivere, condividendo, la propria esperienza in quei giorni. In particolare l’idea di questo libro nasce una sera a Cartagine, alla vigilia del 14 Gennaio, una data destinata a cambiare la storia del Paese. “L’atmosfera - si legge nell’introduzione - è quasi surreale: sono le ore che precedono il compiersi di un “evento” non ancora definito, in un’attesa che combina emozioni, aspettative, paure. Impossibile distogliere l’attenzione da questo intensissimo e frenetico flusso di informazioni, che inevitabilmente i giornali on-line rilanciano con timidezza ed in ritardo. E’ più forte di noi, dobbiamo continuare a monitorare le ultime informazioni”. Il clima di sospensione surreale, di incredulità profondo e insieme un dovere istintivo di testimoniare è quello che ha mosso anche me nella scrittura.
Condivido la loro analisi: la rete Internet, finalmente libera dalla censura, si infiamma, mentre i media ufficiali sono lenti, ripetitivi, approssimativi. E’ sconvolgente la distanza italiana da una realtà così prossima. Qui si parla di rivoluzione del pane e la tesi, che verrà sostenuta per mesi, è sbagliata. Non è stato capito nulla.
Il parallelo che scatta immediatamente è con il 9 Novembre 1989, quando con la Caduta del muro di Berlino, si genera l’effetto domino nell’Europa dell’Est; analogo destino è toccato alla Tunisia nel mondo arabo.
Parte così il progetto libro: un viaggio nei 30 giorni che portarono alla caduta della dittatura. “Non ho più paura” è il racconto di una cronaca ma anche il tentativo di capire perché è scoppiata la rivolta, perché in quel momento, in nome di cosa. La risposta è nella ricerca della dignità, Karama, come tutti i tunisini hanno cercato di dire, sentendosi offesi dalle interpretazioni romantiche della “Rivoluzione dei gelsomini” o spicciole, che l’hanno bollata appunto come "Rivoluzione del pane”.
Interessante l’excursus sull’ascesa di Ben Ali, la strumentalizzazione degli organi di stampa di massa, lo spettro dell’islamismo agitato per giustificare l’instaurazione di un regime forte, tanto che, dopo il 2001, la Tunisia diventa il fiore all’occhiello della lotta al terrorismo, complici paesi come l’Italia che hanno aiutato l’ascesa di Ben Ali e il suo colpo di Stato.
Il dramma delle torture è ignorato ma è atroce. Verso gli intellettuali la censura è pesante. Dal 2009 “Le Monde”, ad esempio, non è più distribuito per aver osato criticare i risultati delle elezioni concluse con una maggioranza bulgara, a dir poco sospetta.
La mia posizione è allineata con la sensibilità degli autori e questo dimostra che chi sa guardare ed è disponibile ad ascoltare vede le stesse cose perché sono molto evidenti ma, come io stessa ho denunciato, gli italiani sono stati ingannati dalle vacanze all inclusive, economiche e gustose, gli imprenditori da un regime fiscale sostanzialmente off shore, bassi costi, ambiente favorevole e gradevole.
Intanto la corruzione soprattutto quella legata alla famiglia della moglie, i Trabelsi, dilagava.
Quando comincia realmente la rivoluzione? La scintilla è il 17 Dicembre 2010 ma già la rivolta del bacino minerario di Gafsa nel 2008 aveva posto le basi della ribellione.
Negli ultimi anni l’ascesa della dittatura è vorticosa e sembra inarrestabile, tipica accelerazione progressiva da fine regime. Infatti gradualmente il marciume trapela fuori dai confini del Paese grazie ad intellettuali coraggiosi che fanno da sponda con la Francia. A quel punto un campanello d’allarme suona: il mondo sa. “L’operazione WikiLeaks – si legge in un passaggio del testo - rappresenta un altro passaggio chiave nel preparare il Paese alla rivoluzione: i documenti diplomatici pubblicati nel Dicembre 2010 mostrano a chiare lettere il punto di vista della diplomazia americana riguardo al regime di Ben Ali. Si tratta di un giudizio molto severo che mette in evidenza come la politica tunisina sia troppo concentrata e dipendente dalla figura del Presidente, come la libertà di espressione sia limitata, la corruzione regni sovrana e i problemi sociali siano veri e da risolvere al più presto”. Lo sviluppo dei media è infine un elemento che giocherà un ruolo molto importante nei giorni successivi: nel continente africano, la Tunisia è uno dei paesi più avanzati nelle tecnologie d'informazione e comunicazione. Non a caso è Tunisi ad ospitare il secondo Congresso Mondiale sulla Società dell’Informazione, nel 2005. Ma saranno i Social Networks a giocare il ruolo determinante, Facebook in testa. L’episodio di Sidi Bouzid, evidentemente i tempi sono maturi, mostra la contraddizione tra il Nord e la costa piena di turisti, di attrazioni e di modernità e l’interno del Paese, abbandonato a se stessa. Il cancro del regime appare in tutta la sua evidenza: sotto la scorza della famigerata laicità, della ricchezza, dell’apparenza, tutto è putrescente.
Questa volta la gente non tace: 4/5 grandi famiglie si parlano; l’indomani è il giorno del mercato locale e la notizia si amplifica, quindi dilaga. Poi si accende il megafono di Facebook dalla Tunisia al mondo, andata con ritorno. Due giorni dopo il sacrificio di Mohamed Bouaziz, la stampa tunisina è ancora in silenzio. Nel quotidiano “La Presse”, il più venduto nel paese, non si trova alcun riferimento al sacrificio del venditore ambulante Mohammed Bouazizi. Anzi, le pagine si riempiono di notizie sulle celebrazioni in Tunisia del primo anniversario dell'Anno Internazionale della Gioventù iniziato da Ben Ali, con messaggi diversi di varie personalità che rendono omaggio al presidente per il suo sforzo in sostegno ai giovani.
La rivoluzione nel frattempo è scoppiata, la gente è incontenibile; la violenza della polizia anche ma presto si arrenderà.

Progetto Colors
Parte del ricavato dalla vendita di questo libro verrà devoluto al progetto Colors, che sostiene l’integrazione di bambini tunisini e di altre comunità di immigrati in Italia attraverso il basket
www.progettocolors.com (pagina Facebook “Giovani, culture e colori: l’integrazione fa canestro”). Un’ulteriore iniziativa del Progetto Colors è stata attivata dal 2009 presso un orfanotrofio nella periferia di Maputo (Mozambico).


Non ho più paura
Tunisi, Diario di una rivoluzione

Francesca Russo e Simone Santi, Italiani di Cartagine
Gremese Editore
12,90 euro

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