mercoledì 2 dicembre 2015

“La poesia nelle piazze. I versi di protesta della primavera araba” di Hussein Mahmoud

Scritto da  Ilaria Guidantoni Lunedì, 30 Novembre 2015

Un excursus di grande interesse che mette al centro della cultura araba la composizione poetica, della quale si sa poco o nulla, al di fuori dei confini di dove è nata. Un lavoro prezioso di comparazione accompagnato da una ricca antologia ben commentata. E’ un testo minuzioso, attento ma anche molto fruibile che riporta l’attenzione sulla poesia per la sua forza popolare ed emotiva dirompente che, soprattutto nel mondo arabo, coinvolge i giovani e l’impegno civile, come dimostra la sua rinascita in occasione delle rivolte recenti. Dal 2011 – soprattutto in Egitto – si torna alla poesia rifacendosi anche con citazioni esplicite ai poeti antichi.
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Un lavoro prezioso e originale. La poesia ha sempre svolto un ruolo di grande importanza nel mondo arabo. A partire dall’epoca preislamica – della cosiddetta ignoranza - quando i poeti si sfidavano a colpi di versi nella piazza del mercato. Tenzoni che ricordano per le tematiche e lo spirito i lirici greci, con i piaceri al centro dell’attenzione, dall’eros al vino. I primi componimenti, ci ricorda l’autore, sono nati nei pascoli e nel deserto, per poi trasferirsi appunto nel cuore della città, addirittura 3mila anni or sono con composizioni ritmate su sistemi metrici molto semplici. Con l’urbanizzazione le poesie furono “appese”, nel senso stretto del termine, mu’allaqāt appunto, per essere lette pubblicamente e valorizzate, ad esempio sui muri della Ka’aba. Nel VII secolo dell’era cristiana questo tipo di espressione raggiunse l’apice: in particolare il libro ricorda Imru’ l-Qays, cosiddetto “capo dei poeti del fuoco all’inferno”, noto tra l’altro per le allusioni erotiche esplicite, oltre che per alcune descrizioni del suo destriero e cammello. Altro poeta di questa tradizione Tarafa ibn al-‘Abd, morto nel 560 d.C. e chiamato “il poeta della filosofia personale”. A suo avviso i tre pilastri della vita sono che niente vale più del piacere di consumare la propria fortuna bevendo vino; accogliere sotto la propria tenda lo straniero gustandone la compagnia; e abbandonarsi alle gioie dell’eros. Naturalmente la poesia preislamica è ben più ricca dei sette poemi appesi e tra le tante voci mi ha colpito la prima voce letteraria femminile araba, al-Khansā della zona dell’odierna Arabia Saudita nel 575 d.C.; mentre per il volgare italiano – fa notare Hussein Mahmoud, si deve attendere Compiuta Donzella, rimatrice fiorentina del XIII secolo.

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