mercoledì 24 settembre 2014

"Una trilogia palestinese", di Mahmud Darwish. Prefazione e cura di Elisabetta Bartuli

Ilaria Guidantoni Martedì, 23 Settembre 2014

Il testo raccoglie tre scritti in prosa, piuttosto voluminosi, sostanzialmente autobiografici che disegnano un affresco storico e culturale della Palestina e del rapporto con il Libano rispetto all’’affronto’ israeliano. La Trilogia si rivela anche una testimonianza esistenziale, umana e poetica di un grande intellettuale engagé senza vizi intellettualistici né mondanità; la lingua di uno dei più grandi poeti arabi, segnatamente del Novecento che lo scrittore portoghese Josè Saramago non esita a definire ‘il più grande poeta al mondo’.

Una trilogia palestinese è un testo impegnativo sia sotto il profilo emotivo, sia della lingua e della densità culturale, con una corposità forte dal punto di vista teoretico, sebbene il suo incedere sia soave e molto scorrevole. E’ anche un grande affresco storico-sociale, quello di un popolo e del profilo del profugo. Il volume merita più letture e un’analisi dettagliata da specialisti che presupporrebbe una conoscenza dell’arte poetica oltre che dei fatti politici del Medioriente. Credo che valga la pena leggerlo per avere qualche pennellata che illumini i fatti recenti e mai testo potrebbe essere più attuale in questo drammatico frangente nel quale la Striscia di Gaza è tornata ad occupare spesso i nostri telegiornali, con alcune date cruciali quali il 1948, la strage di Qasim del 1956, il 1967 o quella di Damur del 1976 l’invasione del Libano da pare di Israele nel 1982.

Un’altra delle ragioni per leggerlo è la profondità dell’analisi sulla condizione umana in situazioni drammatiche, al limite, nelle quali l’uomo si trova in contesti di sradicamento come il profugo, o di violenza permanente come il carcere, di disumanità come la tortura e la perseveranza nel coltivare la propria umanità, nel segno della dignità e del rispetto. Infine, le pagine di Darwish sono una grande riflessione sul valore della scrittura e in particolare della poesia; su come la parola dia voce e consistenza al pensiero rendendo la realtà quella che è. In tal senso Dio è il più grande poeta in quanto creatore e l’intellettuale, come anche l’uomo comune nel suo essere poeta del quotidiano, dà i nomi alle cose e nominandole le fa essere, in una dialettica circolare di rimandi.

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