venerdì 12 ottobre 2012

Quell'8 settembre del 1943 all'isola La Maddalena


“Schegge di luna”

di Gian Carlo Tusceri

prefazione di Giuseppe Tusceri

Ho conosciuto questo libro direttamente dal suo autore che non so per quali vie mi abbia conosciuta, chiedendomi di leggere il suo libro del quale mi ha fatto dono. Mi ha colpito il luogo di nascita, l’isola La Maddalena in Sardegna proprio nel momento in cui stavo mettendo a punto il nuovo blog Il Chiasmo del Mediterraneo, nel quale le isole ricoprono una singolare posizione; non solo, ma l’anno di nascita di suo padre è lo stesso di quello del mio e in qualche modo mi ha scritto che la storia di questo testo è legata a suo padre. Come racconta nella prefazione Giuseppe Tusceri, il figlio dell'autore, “ci sono cose che, nella vita di una persona, lasciano il segno più di altre” e a tale proposito ricorda un libro che portava il nome di suo padre. Scrive: “Erano solo poche pagine e guardandolo pensai che era piccolo per diventare una pietra miliare!”. Anch’io ricordo che, diversamente da quello che poi sarei diventata, iniziai realmente a leggere tardi, proprio grazie a mio padre che mi regalò il suo “Ferie d’agosto” di Cesare Pavese. Avevo quindici anni e da allora non ho mai smesso di leggere. Le parole che passano per un verso o per l’altro attraverso gli affetti e le emozioni sono destinate a restarci dentro più a lungo e più intensamente. Cosa accade a Giuseppe? Il libro lo trasporta indietro di 50 anni  facendolo rivivere una guerra che aveva solo studiato sui libri di testo, di storia. Il sapore è completamente diverso. Emerge il racconto vivo della vita, non dei protagonisti, ma della terra, delle vibrazioni del cuore.

Gian Carlo Tusceri ci regala in poche pagine dense, che non dovrebbero essere né una di più né una di meno – fatto assai raro per gli scrittori – una visione succinta, impietosa e persino poetica della guerra, con un linguaggio schietto dove la metafora ferisce deliziando con un lirismo senza compiacimento. La strega della guerra è l’anima che torna e ritorna nei capitoli con il dolore e la fascinazione della perversione umana come la canzone “Generale”, con una sua bellezza anche se fa male.

E’ un affresco a tinte nitide, una lingua che distilla, non risparmia, senza indugi, senza compiacimento, senza grottesco: è il “Rigodon” italiano, specchio di quella vicenda assurda come il viaggio di Céline verso il nord della Francia, in compagnia del suo gatto. Anche qui c’è lo stridore tra la bellezza del paesaggio, un’isola, che sembra dimenticare e far dimenticare la violenza e la crudeltà della distrazione che colpisce a caso, senza poter distinguere le divise tedesche da quelle italiane.

La guerra si presta con difficoltà ad essere studiata, sembra suggerirci l’autore, al di là delle interpretazioni artefatte degli studiosi per ché è uno “sconcertante fenomeno di violenza collettiva organizzata”.  Le definizioni nel testo sono lapidarie, di una pregnanza che merita una seconda lettura eppure sgorgano con naturalezza, quasi con nonchalance. La guerra sembra costruirsi da una parte per essere esportata altrove – e forse è la forma più bieca – in certi luoghi trasuda invece per anni; in altri ancora viene dimenticata perché la pace possa dilatarsi e prendere possesso dello spazio come a voler farci credere che c’è davvero e durerà per sempre, sembra suggerire Tusceri.

La Maddalena, una sorta di roccaforte naturale, è un luogo dove si fa fatica a mantenere la memoria per la sua stessa natura perché “in questo ambiente, così istintivamente recuperato ogni volta alla vita, il sole e la luna di alternano, comunque, di norma, in attesa di una nuova guerra, a cui nessuno, giustamente vuole però pensare”.

Nel testo si avverte la tensione tra due pulsioni contraddittorie, la forza del ricordo, forse una qualche nostalgia perfino per quello che è stato anche se doloroso e la necessità di dimenticare per tornare a vivere.

Dopo questa premessa, quasi un elegia, il lettore viene calato nella cronaca storica dell’8 settembre del 1943, premessa di un sogno, anticamera di un’illusione. Alla Maddalena qualcuno rubò sette schegge di luna, “avvolte nell’ovatta calda, la strega della guerra aveva infilato strette, in bell’ordine, dentro il nastro della mitraglia di posizione, oleata sotto la rugiada, all’alba dell’otto settembre del quarantatre, giorno della Natività di Maria Vergine, dedicato dalla cristianità alla pace e alla riconciliazione tra i popoli”.  E’ una beffa la guerra che il linguaggio di Tusceri rivela in tutto il suo livore violento per cui la carica di una mitragliatrice diventa “il rosario di schegge lucenti”. E’ nell’ornare la guerra, la strega, che l’autore ne mostra il teschio come certi passi di Boris Vian de’ “L’écume des jours” dove un tumore è una ninfea del petto. C’è nelle immagini dello scrittore un rieccheggiare dell’estetica medioevale – pur nel tratto moderno e sintetico della lingua – che richiama i trionfi della morte e gli ossari di certe chiese che forse ha visitato.

C’è una meraviglia, uno stupore che non ha alcuna dolcezza, solo sconcerto per lo stridere della bellezza della luce che poi diventa bagliore di incendio vorace. E come un refrain il colore delle divise – della pelle o di altro – poco importa: è la vita che si è spenta, bruciando sette figli di mamma, a qualsiasi parrocchia o contrada appartenessero.

C’è un elemento che resta sfumato ma a chi è attento e abituato a leggere tra le righe non sfugge: dov’è Dio? Accanto a chi cammina? Un giorno si è riposato, il settimo, ma a’ La Maddalena era martedì e non sabato come si legge nelle Scritture. Forse il suo riposo dovremmo chiamarlo distrazione? L’autore sapientemente ed elegantemente sorvola, non prende posizione ma in due passaggi solleva il coperchio del processo a Dio.

Allo storico resta solo il compito di ricostruire i fatti, spesso purtroppo affidato alla memoria di sguardi disonesti perché “tutti i capitani indistintamente avevano bisogno di dimenticare, per potersi riproporre ancora vergini per nuovi posti di comando e…crollato il punto di equilibrio della memoria, si è resa per molto tempo indisponibile” la ricostruzione.

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