sabato 15 dicembre 2012

"L’Italia diversa" Intervista all’autore, Gabriele Salari

Com'è nata l'idea di scrivere questo libro?
“Tutto nasce dal ricordo del disastro di Seveso. Non l'ho vissuto perché ero nato da poco, ma la data del 1976 è impressa ormai come una pietra miliare nell'ambientalismo. E così il 1986. Sono passati, infatti, 25 anni da Chernobyl e certo mai avremmo potuto immaginare che il disastro di Fukushima ci riportasse così drammaticamente d'attualità il tema del nucleare. Mettere in luce innanzi tutto quanto è stato fatto per l'ambiente in Italia in questi 35 anni grazie alle associazioni ambientaliste è stato il punto di partenza, poi ci si è resi conto che bisognava anche evidenziare i traguardi ancora da raggiungere e le nuove sfide che impone quest'epoca”.

Qual è l'obiettivo, se c'è una finalità specifica?
“Non è un libro da prendere e sfogliare per le belle foto, anche se sono belle davvero. Se servirà a far prendere maggiore coscienza dei problemi ambientali e di quanto riesce a fare il volontariato con pochi mezzi, tanta tenacia e ostinazione, allora avremo centrato l'obiettivo. E più forza avranno le associazioni ambientaliste, più iscritti e attivisti, maggiore sarà la mia soddisfazione di aver fatto un bel lavoro”.

Perché partire da Seveso: che cosa ha rappresentato quella tragedia?
“Un punto di svolta nella sensibilità generale e anche nella normativa europea, la Direttiva Seveso porta non a caso questo nome. Allora capimmo a quali rischi ci esponesse la presenza di fabbriche chimiche in aree densamente urbanizzate e senza quelle norme e quelle garanzie che oggi abbiamo fortunatamente”.

Dalla storia dell'ambientalismo cosa emerge principalmente?
“Che se la società civile spinge per il cambiamento e la politica presta un orecchio, anche traguardi prima impossibili si realizzano. Prendiamo l'energia solare. Solo 4 anni fa eravamo il fanalino di coda d'Europa nonostante l'irraggiamento solare di cui godiamo. Grazie alla politica di incentivi varata allora dal governo Prodi ora siamo i primi dalla classe, con 12 mila megawatt, superando anche la Germania che allora era il faro. Da non credere. Abbiamo costruito l'equivalente di 3 centrali nucleari in 4 anni e in Finlandia sono 8 anni che stanno costruendo un reattore atomico e si fermano sempre per difficoltà che prima non avevano previsto”.

Quali sono le prospettive che si delineano per il futuro immediato?
“Basta guardare a quanto accaduto di recente con le alluvioni in Liguria e Toscana. Viviamo con apprensione ogni annuncio di una perturbazione come se fosse un monsone o un tornado. Il territorio, violentato dall'uomo, non è più in grado di reggere una quantità di pioggia eccessiva e i cambiamenti climatici porteranno sempre più a eventi estremi. Che fare? Vogliamo prenderci cura dell'ambiente e del territorio oppure piangere sempre nuovi morti?”


Coincidono con le priorità che lei ha rilevato?
“Nel libro al paesaggio e all'agricoltura ho dedicato uno spazio rilevante, perchè come diceva Andrea Zanzotto, poeta recentemente scomparso, „Un bel paesaggio una volta distrutto non torna più, e se durante la guerra c'erano i campi di sterminio, adesso siamo arrivati allo sterminio dei campi: fatti che, apparentemente distanti fra loro, dipendono dalla stessa mentalità‟. E ancora il poeta: "Anche se calpestato, squartato, tumefatto, ustionato, ulcerato, il "paesaggio" esercita ancora un continuo richiamo. Attraverso il fischio di anonimi uccelletti o grazie a venti improvvisi e furiosi. Sempre e comunque, il paesaggio, nella sua duplice veste di incanto e gabbia, induce quel sentimento di immanità che percorre strade tutte sue‟”.

Quali sono i limiti dell'ambientalismo italiano se può fare un confronto con quello europeo? “Non credo si possano fare paragoni perché è diverso il rapporto tra uomo e natura. In Germania è un movimento molto più radicato ma perché ci si è staccati prima e più nettamente dalla natura per urbanizzarsi. Da noi gli orsi sono a un'ora e mezzo dalla capitale e la foca monaca fa capolino ogni tanto dove meno ce l'aspettiamo. Il paesaggio italiano è modellato dall'uomo e questa è una ricchezza ma fa sì anche che la coscienza ambientalista sia diversa. Diamo troppo per scontato che viviamo in un paradiso e così pian piano lo distruggiamo. Il Wwf in Italia è più forte che in tanti altri Paesi europei e ha creato un sistema di oasi unico. Il Fai riprende la felice intuizione del National Trust inglese ma non è che esistano molti altri omologhi in Europa...il Touring è un'associazione unica...insomma abbiamo dei bei primati anche guardando alle associazioni”.

Perché questo titolo, “L'Italia diversa”? 
“Mentre c'è una parte di Paese che insegue modelli di sviluppo economico antiquati, basati sul cemento e sulla dilapidazione del nostro capitale, il paesaggio, c'è un'altra Italia che non ci sta e si ribella e difende con le unghie e con i denti i parchi e la natura. Un'Italia che crede che si può crescere valorizzando le nostre risorse naturali e sviluppando un po' di più quel senso civico che avevano i nostri avi e che a volte noi sembriamo avere un po' smarrito”.

Nessun commento:

Posta un commento