domenica 6 ottobre 2013

Se il conflitto generazionale diventa un archetipo



L’occasione

di Marco Baliani

Ho scritto di questo libro prima di leggerlo e l’ho acquistato sull’onda dell’entusiasmo per aver assistito alla presentazione presso il teatro Filodrammatici di Milano con Claudio Annese. Ho scritto del racconto dell’autore e del commento del collega. Al termine della chiacchierata ho chiesto a Marco Baliani se lo avesse scritto per la sua generazione, un romanzo dedicato ai padri e ai figli degli anni della lotta armata o per i ragazzi di oggi che non conoscono, non si interessano della storia recente e forse nemmeno di quella attuale. Lo scrittore ha scritto per i giovani di oggi, forse non perché si impari dalla storia, spesso non accade nemmeno per la propria storia. Altrimenti la psicoanalisi farebbe miracoli. Ma capire arricchisce, se non aiuta, anche se in ritardo. Nella dedica che mia ha voluto scrivere ha messo “A Ilaria che conosce dove fioriscono i conflitti”. Mi è sembrata preziosa e originale, per quelle poche parole che ci siamo scambiati e mi ha confermato l’idea di un uomo pronto a far fatica per capire che non scrive ‘con affetto’ o ‘con simpatia’ ad una sconosciuta, tanto per mettere nero su bianco. Mi è sembrato un segno, un’occasione appunto, come si dice sul libro: a volta basta qualcosa, una parola o un gesto detto da qualcuno, come nel francescanesimo, la vera missione della vita: cercare di capire, ricercare la verità, insegnare quel poco che impariamo, condividerlo e parteciparvi. Alla fine della lettura del libro mi sono detta che forse i conflitti fioriscono e si risolvono prima di tutto e alla fine di tutto dentro di noi ed è per questo che non si risolvono quasi mai, come le mie rivolte arabe.
Le pagine scorrono rapide, incisive, dure, senza violenza. Credo di aver contato una sola parolaccia, una rarità di questi tempi. Marco non ha bisogno di effetti speciali. Il suo stile asciutto – come ha rilevato Annese - e piano – aggiungo si nutre della forza del contenuto. Non ci sono neppure scene di sesso, se non la tenerezza immaginata di due corpi che si stringono nel freddo umido della notte, nel buio della disperazione di un rifugio improvvisato di tossicodipendenti. Non c’è, infine, neppure quel voyerismo morboso di rimestare nel torbido, nel dolore, nel sudicio di una società malata.
Il conflitto centrale di un figlio con il proprio passato nascosto – un padre che non ha conosciuto e che ha sempre creduto morto in un incidente stradale – tanto da dimenticarlo e sua madre che gli ha nascosto la verità per troppo tempo: ventitré anni. Poi trova l’occasione ed entra in conflitto con il figlio, cerca in un tossico dipendente, suo ex allievo un altro figlio, sperando di non arrivare tardi, troppo tardi. Diventa il conflitto di due generazioni, coloro che hanno cercato di cambiare il mondo e sono falliti contro quelli che non hanno neppure provato a cambiarlo; e ancora tra quelli animati dalla passione, a volte da una fede cieca e gli altri, così tiepidi da lasciarsi galleggiare nella vita. Il conflitto on si risolve e nel lettore c’è un moto di fastidio. Vorremmo sempre le soluzioni dagli altri e invece siamo costretti a vivere nell’incertezza, dalla parte del figlio, Matteo, che ora ha due versioni e deve scegliere quella a cui credere e chi salvare. Eppure io mi sono anche vista scrittrice e so che ho sempre lasciato in sospeso la verità, non per creare un effetto speciale ma perché mi sono innamorata della ricerca e ho capito che alla fine non sapevo più neppure io quale fosse. A volte la meta è proprio nella ricerca ed è in quel cammino faticoso che si conquista la forza della verità. Grazie Marco (Baliani) per questo esercizio ‘spirituale’ che costringi a fare, senza stare dalla parte di nessuno. Se mi consenti non sono d’accordo su un punto con te. Quando raccontando il tuo libro dici che nessuno ammette di sbagliare, nessuno si pente di quella generazione preferisce dire che sono i giovani a non capire. Forse questo è vero per Sara, la rivoluzionaria dura; non per tutti. A volte gli uomini non chiedono perdono e neppure scusa per debolezza e non per arroganza. In fondo Marcella, Marco e Luca, si sono pentiti mettendo la propria vita a disposizione degli altri, ciascuno a suo modo, per quello che riusciva, anche senza fare pubblica ammenda. Dobbiamo avere pietà di chi non riesce a confessarsi ma corregge il proprio peccato.
L’occasione
di Marco Baliani
Rizzoli
18,00 euro

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