mercoledì 10 giugno 2015

"I Germanesi. Storia e vita di una comunità della Calabria e dei suoi emigranti" di Carmine Abate e Meike Behrmann

Ilaria Guidantoni Domenica, 07 Giugno 2015

Un libro di grande attualità e un monito all’Italia per ricordare la sua storia di emigrazione ora che è diventata principalmente terra di immigrazione. Ma il vento potrebbe cambiare di nuovo e questo libro documento critico non a tesi offre ottimi e complessi spunti di riflessione. Un saggio che ha il gusto della narrazione e la penna letteraria dello scrittore calabrese, emigrato ed emigrante nel cuore, con un singolare punto di vista: un piccolo paese, una comunità singolare, un’analisi non statica, né dalla parte degli altri, dei tedeschi; un vissuto in presa diretta che cambia nel tempo, sia al maschile sia al femminile, grazie anche al contributo della sociologa tedesca coautrice del libro.

L’emigrazione è oggi uno dei grandi temi analizzato in modo originale e assolutamente contemporaneo dallo scrittore calabrese, poeta e romanziere, che ha tenuto nel cuore questo problema come racconta in alcuni suoi versi, per altro autobiografico tanto che in alcune occasioni ha dichiarato di aver cominciato a scrivere in parte proprio perché migrante. Suo padre partì quando Carmine aveva quattro anni per la Francia con un contratto da minatore per tornare e poi ripartire per la Germania dove di fatto ha passato la sua vita. E’ proprio la condizione nelle miniere che conosce bene e che viene analizzata più nel dettaglio in quest’opera, per i suoi risvolti amari. E’ importante però dire che non si tratta di un libro “triste”. L’emigrazione è una condizione e non è aprioristicamente né brutta né bella, piuttosto è stata vissuta in modo diverso a seconda delle stagioni. L’autore è a sua volta emigrato al seguito e per volontà del padre che vuole che impari come ci si guadagna il pane e sarà ad Amburgo, a Berlino, a Colonia dove insegna per sette anni italiano ai figli degli immigrati, ma anche in Francia dove studia. L’altro punto di vista, come accennato, è quello della sociologa Meike Behrmann, importante non solo per l’angolatura e l’approfondimento con una connotazione complementare, di analisi sociale appunto, oltre che autobiografica e di stile letterario-giornalistico, ma in quanto prospettiva femminile: questo ha permesso all’autrice di entrare in contatto più intimo con il mondo delle donne e con uno sguardo più diretto su dinamiche caratterizzanti e differenti da quelle dell’emigrazione maschile.

La recensione integrale su Saltinaria.it

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