martedì 3 novembre 2015

“Il trasferimento” di Manlio Cancogni

Scritto da  Ilaria Guidantoni Domenica, 25 Ottobre 2015

L’ultima sorpresa di un grande del Novecento, schivo e discreto, una vicenda narrata con una scrittura asciutta ambientata nella Libia degli anni Trenta, che si conferma di grande attualità.

E’ il piglio del giornalista, la scrupolosità del cronista, non d’assalto, ma lucido analista della realtà che rende questo libro di uno degli scrittori sommi del Novecento, Manlio Cancogni, un testo di grande attualità, anche nello stile. Cancogni, scrittore e giornalista, morto il 1° settembre 2015 a novantanove anni, bolognese di nascita, ma di genitori versiliesi, è sempre rimasto legato alle sue origini. E’ sepolto nella sua Versilia, a Fiumetto. Personaggio di grande profilo, fu tra l’altro corrispondente per L’Espresso e l’Europeo, è stato un autentico signore del giornalismo e della cultura, senza divismo né l’arroganza di chi la sa lunga. La vicenda di questo manoscritto, ritrovato dallo stesso autore, qualche mese prima della sua morte, illustra bene lo spirito dello scrittore. Come racconta Simone Caltabellotta nella sua nota al testo, fu un libro che a più riprese Cancogni cercò di pubblicare e, una volta, quando era sul punto di farlo con la casa editrice Fazi, ruppe i rapporti per restare fedele al proprio pensiero, in seguito alla pubblicazione da parte di quest’ultima di alcuni testi di cui non poteva condividere lo spirito. Il libro fu composto a metà degli anni Novanta, probabilmente con la maturità e la giusta distanza dagli avvenimenti che narra e, ci informa Caltabellotta – uno dei principali protagonisti della riscoperta dell’autore – è totalmente diverso dagli altri romanzi, norma che Cancogni tenne sempre presente contraddicendo la regola diffusa secondo la quale ogni autore scrive in fondo sempre lo stesso libro per tutta la vita.

Quello che mi ha colpito è la fluidità della lingua, la modernità dei sentimenti, l’attualità della narrazione che non tradisce però l’ambientazione della stessa e manifesta non solo la lezione giornalistica assimilata – non rischia la deriva saggistica – quanto la capacità e possibilità di dire il tragico oggi.

La recensione integrale su Saltinaria.it

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