lunedì 30 aprile 2012

“Il Sorriso di Godot” di Stefano Giovinazzo


Ho conosciuto Stefano Giovinazzo, giovanissimo giornalista ad occuparsi di sicurezza stradale, quindi avventuriero (e do in questo caso un significato positivo al termine) in qualità di editore (mio primo editore tra l’altro) e lo ritrovo autore, in particolare, poeta. Nella scelta di campo mostra tutto il suo coraggio come dichiarano anche i due autori che scrivono a margine del libro. Avvicinarsi alla lettura poetica dovendo esprimere un giudizio critico mette sempre un disagio e imbarazzo. La sua scrittura è incisiva e nello stesso tempo lieve, con l’uso del punto fermo ripetuto come a poggiare la lettura, enfatizzando la sospensione dell’attesa, fil rouge della raccolta, a cominciare da titolo; ma nello stesso tempo a sottolineare come l‘attesa sia parte della vita ed abbia una propria consistenza e valore indipendentemente dall’oggetto dell’attesa.
Il Godot al quale si fa riferimento nel titolo è la figura del teatro dell’assurdo, in primis del teatro di Samuel Beckett, dove però l’attesa prende consistenza, guardando sia al futuro, sia al passato, al rimpianto soprattutto di amori passati, traditi, fuggiti. In modo originale, nel testo di Giovinazzo l’attesa non appare una diminutio della vita come il dolore, lungi dall’esserne la negazione. Anzi, la consapevolezza che arriva nella crescita non provoca il rimpianto dell’infanzia né il ripiegamento su se stesso. Se ‘l’entusiasmo antico è divenuto/avaro di emozioni./La vecchiaia degli amori/densa di amare suggestioni…’, senza un affievolirsi infatti ‘mani sporche di errori/ma immortalità’.
L’uomo che aspetta dunque non è un uomo indeciso ma calato nella vita quotidiana, non sospeso ma che sceglie di assaporare e scendere fino in fondo in questa fluttuazione: per cui attendere è un modo di cercare. E in questo incedere c’è un’accettazione del tempo che passa non solo come una fuga verso il nulla ma una sedimentazione dell’esperienza che fa dire al poeta, ‘ho sorriso al tempo’.
A riprova del senso di pienezza che invoca l’attesa in questo testo una lirica inizia con ‘Ho smesso/di restare fermo./Aspetto soltanto me stesso…./Mi concedo/il lusso di guardare lontano’.
Altro filo conduttore è rappresentato dall’amore che appare sempre nella nostalgia di ‘Giovani delusioni/in preda/a fredde paure’ o di un dialogo atteso, invocato con l’altro, senza mai essere troppo amaro o aggressivo. C’è una costante apertura alla possibilità di ricongiunzione. Infine c’è anche un accenno al tema civile in abbozzo come nei versi che raccontano ‘Avvinta da/macabri impedimenti/calibro 9./E vinta./Sfiorata/dalle fughe di massa/e colpevole./Di ammutinamento.’
C’è comunque sempre uno spazio di possibilità, come per i sogni e in questo invito, anche quando si scopre che ‘l’acqua è amara’ ma che comunque ancora disseta, l’appello alla responsabilità etica dell’esercizio della  libertà.

“Il Sorriso di Godot”
di Stefano Giovinazzo
Edilet Edilazio Letteraria
Euro 10,00

Prefazione di Irene Ester Leo
Giovane poetessa salentina editata da Stefano Giovinazzo in qualità di editore

Postfazione di Marco Onofrio
Direttore Editoriale EdiLet

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